CINA. Censurata e rimodellata la narrazione sulla guerra commerciale con gli USA

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La censura di Pechino sta lavorando per controllare la narrazione sulla guerra commerciale con gli Stati Uniti, dando ai media un elenco di regole su come quanto scrivere e quanto non scrivere quando si racconta l’argomento.

Il South China Morning Post, di Hong Kong, cita quattro fonti distinte che lavorano per i media cinesi, che hanno ricevuto queste istruzioni interne: è stato detto loro di non “coprire troppo” la guerra commerciale con gli Stati Uniti ed essere estremamente attenti a collegare la guerra commerciale alle cadute del mercato azionario, al deprezzamento dello yuan o alla debolezza economica per evitare la diffusione del panico.

Il controllo sulla narratrice relativa alla guerra commerciale, una questione troppo grande per essere ignorata completamente, mira ad essere più sottile, perché ad alcune testate è stato concesso un margine di manovra diverso per quanto riguarda la copertura della guerra commerciale: i mass media statali con una esposizione politica elevata possono pubblicare notizie e commenti sulla guerra commerciale, mentre quelli locali e i portali di informazione su Internet sono spesso invitati a ripubblicare ciò che i mezzi di comunicazione statali hanno già pubblicato e a non esagerare con la questione.

Pechino sta adottando un approccio più morbido nei confronti degli Stati Uniti rispetto alla sua precedente tattica di lanciare attacchi pubblici e boicottaggi popolari, utilizzata in passato contro il Giappone, la Corea del Sud e le Filippine. Pechino ha già detto ai suoi media di smorzare la copertura sul Made in China 2025, un piano per rilanciare il settore hi-tech, spesso criticato dagli Stati Uniti, e di evitare attacchi personali a Donald Trump nella speranza di allentare la tensione. 

Anche se la Cina ha adottato misure di ritorsione speculari nei confronti del primo lotto di tariffe del valore di 34 miliardi di dollari, Pechino ha dato la priorità al suo messaggio di essere una vittima innocente in questa disputa e di volersi dipingere come un fermo sostenitore del libero scambio, cercando il sostegno di altri paesi contro l’unilateralismo dell’Amministrazione di Trump.

Graziella Giangiulio