CIAD. La corruzione indebolisce il perno della sicurezza saheliana

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Nella sempre più turbolenta regione del Sahel, il Ciad, vista la sua relativa stabilità, è sempre più visto dagli Stati Uniti e da altri attori geopolitici come parte integrante degli sforzi regionali antiterrorismo. Assieme all’afflusso di assistenza internazionale alla sicurezza, in Ciad è arrivata la copertura diplomatica per la corruzione del governo, l’impunità e il consolidamento del potere.

Il Ciad è il quartier generale dell’operazione francese Barkhane, iniziata con l’intervento del 2014 in Mali e ampliata per combattere i gruppi armati in tutto il Sahel come parte della forza multinazionale G5 Sahel che ha sede in Mauritania. Insieme al Ciad e alla Mauritania, la forza del G5 Sahel è guidata dal Burkina Faso, dal Mali e dal Niger. Oltre alla Francia, gli Stati Uniti, l’Unione Europea, il Regno Unito e l’Arabia Saudita sono tra i donatori del G5 Sahel, e il presidente francese Emmanuel Macron a giugno ha esortato altre nazioni europee a partecipare. La capitale del Ciad N’Djamena ospita anche la Multinational Joint Task Force, che ha come obiettivo Boko Haram e si è trasferita dalla Nigeria nel 2015, quando il suo quartier generale è stato invaso dai militanti, riporta Just Security.

La posizione internazionale del Ciad come punto di riferimento per la stabilità regionale e gli sforzi antiterrorismo è stata per alcuni una sorpresa. Il Ciad non è un Paese pacifico: ha dovuto affrontare due colpi di stato, diverse ribellioni e una grande guerra civile. Lo sfruttamento delle sue risorse naturali continua a scatenare crisi politiche e sociali intermittenti. Il regime che lo governa varia tra il semidemocratico e dittatoriale; Idriss Déby Itno, l’attuale presidente, che governa da 30 anni, diritti fondamentali come la libertà di espressione e di riunione hanno sofferto.

Pur avendo i propri gruppi armati da combattere, la relativa stabilità e la posizione geografica del Ciad, vicino a così tanti punti caldi, ha fatto sì che molte potenze globali lo vedano come un perno per la stabilizzazione della regione. Il sostegno internazionale ha trasformato il Ciad in uno dei pesi massimi militari della regione. L’esercito del Ciad conta su un notevole afflusso di armi, munizioni, addestramento, equipaggiamento non letale dalla Francia, agli Stati Uniti, al Regno Unito, alla Russia e all’Unione Europea.

La Francia ha firmato un accordo di cooperazione militare con il Ciad nel 1976 e l’ultima revisione dei termini nel 2019 per affrontare le attuali sfide alla sicurezza. La Russia ha firmato un accordo antiterrorismo con il Ciad nel 2017.

Gli Stati Uniti hanno una lunga storia di legami militari con il Ciad, da ultimo con l’obiettivo di rafforzare le forze armate del Paese per l’antiterrorismo regionale. Proprio il mese scorso, gli Stati Uniti hanno consegnato 8,5 milioni di dollari in veicoli ed equipaggiamenti al Gruppo speciale antiterrorismo del Ciad come parte di un pacchetto di supporto totale di 28 milioni di dollari per le truppe che il Ciad fornisce alla campagna militare regionale del G5 Sahel.

Anche se la Germania ha terminato la sua cooperazione bilaterale allo sviluppo nel 2012 a causa della mancanza di volontà di riforma del governo ciadiano, continua l’assistenza umanitaria e l’assistenza alla stabilizzazione multilaterale, anche alle “forze di sicurezza civili” nelle comunità. Nel frattempo, Arabia Saudita, Israele, Turchia e Paesi Bassi hanno iniziato a cooperare con il crescente settore della sicurezza e dell’intelligence del Ciad.

Dal 2008, anche la Cina è diventata uno dei fornitori della forza militare del Ciad. È stata una svolta nei rapporti tra Cina e Ciad, dopo la rottura diplomatica nel 1997, quando il Ciad ha optato per i legami diplomatici con Taiwan rispetto alla Cina. In seguito, la Cina è stata sospettata di sostenere i ribelli ciadiani durante quella rottura, e il governo del Ciad ha cambiato di nuovo lealtà nel 2006.

La Cina fornisce nuove armi, sia direttamente sia consegnando royalties dalle compagnie petrolifere cinesi nel Paese per sovvenzionare l’acquisto di armi; 50 uffificiali ciadiani sono addestrati in Cina ogni anno, secondo fonti militari ciadiane

Questo apparente interesse condiviso tra i sostenitori internazionali per la sicurezza del Ciad e della regione in generale, tuttavia, non è accompagnato da una corrispondente volontà o da mezzi per coordinarsi tra loro. Se il “terrorismo” è un nemico comune a tutti i partner del Ciad, l’esistenza di almeno sei accordi antiterrorismo separati (Francia, Stati Uniti, Turchia, Israele, Russia, Arabia Saudita) e tre diverse operazioni (operazione Barkhane, G5 Sahel e Multinational Joint Task Force) in territorio ciadiano non è giustificata.

Il risultato è un approccio incoerente, con i “partner” dei donatori che si contendono l’influenza, e una scarsa visione collettiva di come l’assistenza renderà i ciadiani più sicuri. In pratica, questo porta a confusione e sprechi inutili. La corruzione e la violazione dei diritti umani all’interno e non solo dell’esercito ciadiano è poi ben documentata.

Antonio Albanese