Che dice Davos agli Usa?

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SVIZZERA  – Davos. Prepararsi per avere il consenso delle élite made in Usa sul deficit di bilancio degli Stati Uniti, questa è la prima impressione che si percepisce. Una delle funzioni del World Economic Forum è quella di fornire spunti di riflessione su quello che i “plutocrati” dovranno fare poi in politica. Le idee dal basso, dalla cittadinanza valgono lo 0.1 %.

Per molto tempo, è stato credo comune in questo consesso che il deficit e il debito sono stati i principali problemi economici degli Stati Uniti. Il fatto è che non solo è un problema di deficit importante per gli Stati Uniti, ma è una questione economica importante per tutto il mondo. Uno black swan planetario. 

A Davos sta venendo fuori che Il taglio del disavanzo, ricetta magica negli anni Novanta, potrebbe non essere tale nelle condizioni odierne. Tagliare la spesa pubblica, ritirarsi dalle funzioni “tipiche” dello Stato in economia potrebbe non essere la via giusta.

A dispetto del 1990, la riduzione del disavanzo non costituisce la base per la strategia di una crescita soddisfacente, oggi. Gli stessi falchi statunitensi, a Davos hanno detto che per ottenere la crescita, in particolare per la classe media assediata, è necessaria una serie di “investimenti”,altro termine per indicare aumento della spesa pubblica, ovviamente.

A questo punto della politica economica statunitense, torna utile il bellissimo aforisma attribuito a Kenes: «When the facts change, I change my mind; what do you do?»

È stato sempre molto semplice e comodo possedere una visione religiosa dell’economia, cioè un’invarianza di pensiero al mutare delle condizioni; ma quando si tratta di deficit, tanto per iniziare, non è così che funziona il mondo. Anche a Davos, a quanto pare, la realtà batte l’ideologia.