CAMBIAMENTO CLIMATICO. Salvare il Lago d’Aral

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L’Amu Darya non raggiunge più il Mar d’Aral: è crollato un ecosistema millennario. L’Amu Darya alimentava quello che un tempo era il terzo lago più grande del mondo da sud (il Syr Darya faceva lo stesso da est), ma ormai, nemmeno i piccoli rivoli del fiume raggiungono ciò che resta dell’Aral.

Tutto l’Amu Darya, un fiume creato dalla convergenza dei fiumi Vakhsh e Panj nelle montagne tra Afghanistan e Tagikistan, oggigiorno è incanalato per uso umano, in gran parte in agricoltura. Il fiume, in altre parole, termina con una sorta di viaggio verso il nulla, riporta VoA e BneIntelliNews.

Con tutto l’Amu Darya diretto in cinque canali nel Karakalpakstan meridionale, non c’è più abbastanza acqua sia per il mare che per la popolazione. Naturalmente, queste sono le conseguenze ultime di un disastro ambientale che affonda le radici nel periodo sovietico: il disastro ambientale fu innescato negli anni ’60 del Novecento quando i sovietici perseguirono piani di irrigazione basati sulla deviazione delle acque per aumentare la produzione di cotone, o “oro bianco”, che distrusse molto tempo fa il corpo principale del mare.

I resti sostanziali dell’Aral oggi si possono trovare a nord verso il Kazakistan, dove si è ottenuto un certo successo nel far rivivere parti delle coste settentrionali del mare. Ma solo lì. 

Da parte loro, i Karakalpak sembrano trovarsi in una situazione quasi senza speranza. “Possiamo ancora salvare il Mar d’Aral, ma sarà necessario uno sforzo globale. Non importa cosa sentiremo dall’Onu e da altre organizzazioni, e nonostante l’attuale assistenza, non ci saranno cambiamenti significativi senza azioni concrete (…) Ci sono missioni internazionali per salvare animali esotici e siti storici. Il Mar d’Aral ha bisogno di un’attenzione simile. Secondo noi la soluzione è portare l’acqua, ma da fuori la nostra regione, perché non può più arrivare dall’Amu Darya”, affermano i rappresentanti della comunità.

Maddalena Ingrao

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