Situazione ancora tesa in Burundi

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SVIZZERA – Ginevra 28/09/2015. Nel suo ultimo studio, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani ha registrato un allarmante aumento di arresti arbitrari, detenzioni e uccisioni in Burundi dall’inizio di settembre.

Nel rapporto, uscito il 28 settembre, l’Alto commissario dei diritti umani delle Nazioni unite, Ra’ad Zeid Al Hussein, ha registrato un allarmante aumento del numero di arresti, detenzioni e uccisioni in Burundi dall’inizio di settembre 2015. L’Alto commissario per i diritti umani ha infatti annunciato oltre 134 omicidi dallo scorso aprile, e centinaia di arresti e detenzioni arbitrarie, tra cui 704 arresti senza giustificato motivo dall’inizio di settembre.
Al Hussein denuncia che molti dei cadaveri ritrovati erano di «persone arrestate dalla polizia o dal National Intelligence Service (Snr)», aggiungendo che questi omicidi riescono a «instillare una profonda paura tra la popolazione, in particolare nei quartieri noti per il loro sostegno all’opposizione».
Il Burundi sta vivendo una grave crisi politica da quando il presidente uscente Pierre Nkurunziza ha deciso di candidarsi per un terzo mandato, provocando un’ondata di proteste nel paese. Nonostante le proteste della società civile e di parte dell’opposizione sulla incostituzionalità della sua candidatura, Nkurunziza ha mantenuto il punto vincendo anche le elezioni presidenziali, boicottate dall’opposizione. Sono stare molte le irregolarità denunciate a livello internazionale. Adesso gli omicidi continuano a moltiplicarsi, al punto che alcuni esperti hanno sollevato timori di una nuova guerra civile. All’inizio di settembre, Patrice Gahungu, portavoce dell’Unione per la Pace e la Democrazia (Upd), è stato ucciso a Bujumbura, mentre tornava a casa.
Alla metà di agosto, poi, il colonnello Jean Bikomagu, ex figura chiave delle forze armate burundesi durante la guerra civile tra l’esercito dominato dalla minoranza tutsi e gli hutu, era stato assassinato. Il suo omicidio è avvenuto dodici giorni dopo l’assassinio di un altro uomo forte dell’apparato di sicurezza, il generale Adolphe Nshimirimana. Considerato il braccio destro del Presidente Pierre Nkurunziza, è stato una delle figure chiave dei ribelli Hutu.