L’henné è un arbusto secolare presente nella storia e nella letteratura non solo orientale: ci sono pochissimi esempi di culture mediterranee, mediorientali e sudorientali che non menzionano l’henné nell’arte. L’Egitto è il “luogo di nascita” registrato dell’henné: diversi antichi sovrani egiziani sono stati trovati con i capelli macchiati di henné, il più famoso è Ramses II, i cui resti mummificati includevano un vivace letto di capelli rosso-arancio che ha superato la prova del tempo. Era anche comunemente usato dagli antichi sulle unghie e sulla pelle, piccoli ornamenti che venivano usati in diverse occasioni e direttamente prima della mummificazione.
L’henné, comunemente, viene polverizzato o usato per tingere, raccolto “tenero” e in forma di cespuglio. Nonostante il colore originale delle foglie sia il verde, dall’henné si possono ricavare una serie di pigmenti, dal giallo-arancione, al rosso-arancione, al rosso mattone sangue di bue. La pianta ha prestato il suo nome sia alla pasta colorante che agli oli essenziali che erano una conseguenza del suo uso. La parola deriva dall’arabo antico: henna, o: hinna; khanna, che si crede sia stato dato alla pianta dai persiani di lingua araba. Per andare ancora oltre, il nome geroglifico egiziano per l’henné è “henu”, una somiglianza sorprendente che gli studiosi insistono che potrebbe aver avuto qualcosa a che fare con la sua origine, riporta Egyptian Streets.
Anche se molto usato ancora oggi in Egitto, l’henné si è fatto strada in culture meno familiari con questa forma d’arte. I negozi di tatuaggi di tutto il mondo hanno integrato questa arte temporanea nel loro set di competenze e di offerte artistiche, contribuendo a arricchire una galleria ideale già assai ricca di suo e a dare ulteriori forme a un mestiere già antico di suo, il tatuatore.
Sono molti infatti coloro che che non vogliono la presenza per tutta la vita di “disegni” sul proprio corpo come quelli di un tatuaggio, e hanno cominciato a usare l’henné come un’alternativa esotica.
Lucia Giannini