I maggiori esponenti italiani della politica, da Taiani a Renzi, da Minniti e Di Maio ad Alfano, concordano su una cosa: bisogna aiutare i migranti a trovare lavoro e vita a casa loro, in Africa. Tutti riscoprono il Continente africano come terra ricca di risorse naturali, umane, climatiche e con enormi potenzialità di sviluppo.
Per me, che da molti anni giro per l’Africa per lavoro e per diporto, ovviamente questa non rappresenta una novità. Anzi, insieme ad un folto gruppo di studiosi, economisti, giuristi, sociologi, scienziati del mare e della terra di varie nazionalità facenti parte dell’Osservatorio della Pesca del Mediterraneo, da oltre 10 anni abbiamo posto il tema Africa e Mediterraneo costantemente in agenda.
Mi permetto di fare una digressione. In fondo le macroscopiche contraddizioni africane (ricchezza di risorse e miseria, grandi potenzialità e sottosviluppo, violenza e solidarietà etc…) somigliano moltissimo, mutatis mutandis, a quelle di un altro “Continente”: la Sicilia. Fingere che non sia così è il più grave errore culturale, sociale e politico che la classe dirigente italiana abbia commesso nel corso della storia.
Torniamo all’Africa. Oggi c’è una nuova consapevolezza a tutti i livelli, bene. Creare impresa, sviluppo e lavoro in Africa. Si ma come? Il rischio del solito mordi e fuggi, che l’Africa ha tristemente conosciuto con relativa dispersione di risorse, è dietro l’angolo.
L’Osservatorio da molti anni ha studiato insieme agli stakeholders africani un modello di sviluppo economico e sociale da inseminare in Africa: il Cluster. Esso corrisponde esattamente a quei mortificati, ignorati, soggetti caratterizzanti il “Sistema Italia”: i distretti produttivi. Sarebbe ipocrita non affermare che la politica italiana per debolezza e ignavia si è piegata agli interessi delle grandi lobbies negando la “cittadinanza” al suo naturale motore di sviluppo legato ai territori, al genius loci, alle competenze, all’innovazione, alla cooperazione. I distretti industriali, produttivi e neo-agricoli (campioni mondiali di cooperazione), com’è naturale che fosse, cambiando pelle, tuttavia hanno resistito. Nonostante tutto.
Oggi l’Italia ha una opportunità, quella di rigenerare in Africa i suoi Distretti, “laboratori” di competizione e cooperazione dove l’uomo, l’impresa sono al centro, la scuola, i saperi sono il carburante. I Distretti Siciliani, molti dei quali fatalmente legati alla terra ed al mare (Agrumi, Cereali, Ficodindia, Olio, Vino, Lattiero caseario, Dolce, Meccatronica, Hi Tech, Pesca, Nautica etc…) hanno da anni proiettato il loro futuro nella dimensione mediterranea ed africana ed hanno coltivato fra i primi le regole della Green e Blue Economy, dell’Economia Circolare con metodo, con rigore.
Questi Cluster oggi hanno le carte in regola e sono soggetti ideali per approdare in Africa con un approccio pragmatico, concreto ed efficace.
Ci vogliono però tre condizioni:
1) che l’Europa lavori per eleggere la Sicilia quale hub per il Mediterraneo e ponte per l’Africa;
2) che l’Italia e la Sicilia sappiano diligentemente sfruttare il grande potenziale dei Distretti e la Sicilia quale avamposto per “penetrare” in Africa per generare cooperazione fra territori dei due continenti.
3) che si dia valore alla più potente e strategica risorsa comune: il mare a cui Sicilia e Africa hanno erroneamente voltato le spalle. Da qui con pazienza si riparte.
L’Osservatorio, i Distretti italiani, europei ed africani, le maggiori agenzie internazionali (FAO, CRPM, CRPM, UPM, IFAD, UNESCO, MEDAC, Banca Mondiale, Agenzia per la Cooperazione e lo Sviluppo) insieme a numerosi stakeholders africani, sotto l’egida della Regione Siciliana e Ministero degli Esteri, si danno appuntamento, come ogni anno, a Blue Sea Land, nella kasbah di Mazara del Vallo (la Cernobbio del Mediterraneo), dal 28 settembre al 1 ottobre pv., per continuare caparbiamente a sostenere la costruzione di un percorso di sviluppo nel dialogo e nella pace.
Giovanni Tumbiolo
Presidente del Distretto della Pesca e Crescita Blu
Redazione