Il Parlamento di Mosca ha approvato il provvedimento che mette sotto controllo Internet.
La legge è stata approvata l’11 luglio e, in quel giorno, la sezione russa di Wikipedia ha listato a lutto la propria home page (sfondo bianco per 24 ore) in segno di protesta.
Tutti i siti, blog e pagine web che contengono materiale inappropriato o che trattano temi sensibili per il governo verranno inevitabilmente inseriti in una “black list”, per poi essere censurati e chiusi. Per gli autori è previsto un processo con pena detentiva fino a cinque anni. Gli estensori della legge si difendono da chi li accusa di minare la libertà di espressione, affermando che le norme serviranno a proteggere e a rendere più sicura la navigazione dei minori. In Russia il web è invaso da siti che trattano di pedofilia, pornografia e droga; difendere gli utenti più innocenti da questo mercato del sesso è un diritto inviolabile a cui ogni Stato di diritto non deve rinunciare. Ma gli oppositori parlano di censura alla critica politica: il raggio di discrezionalità potrebbe essere esteso anche ad altri settori ed il concetto di “contenuto inappropriato” potrebbe etichettare anche quelle pagine web di forze politiche dissidenti.
In un Paese in cui le televisioni, assoggettate al potere politico, vengono definite “scatole zombie”, la Rete è diventata l’unico luogo dove poter creare forme di critica e opposizione; lo stesso Putin infatti non ha mai smentito le sue preoccupazioni sul potere esercitato dall’opposizione sulle masse.