
Lendita Haxhitasim, al Festival della Diplomazia a Roma presso il Centro di Studi Americano, ha risposto a tutte le domande postele senza sottrarsi, toccando i temi più importanti e fondamentali, principalmente di politica estera del Kosovo: dallo status di candidato all’UE, la Nato, le relazioni con gli Stati vicini in particolar modo con la Serbia e il caso emblematico delle targhe, passando per il supporto ai vicini, la questione dell’indipendenza e il riconoscimento, il sostegno all’Ucraina, l’iniziativa Open Balkans, l’attivismo nel tema dei diritti sociali e civili, e molto altro evidenziando le principali cause, chiavi di lettura e prospettive per il suo Paese.
La diplomatica kosovara che ha ricoperto diversi ruoli centrali come rappresentante all’estero del Kosovo, o “Kosova” come lo chiamano i kosovari, ha iniziato il suo intervento presentando la Repubblica del Kosovo, partendo dalla settimana precedente che è stata significativa poiché si è tenuto un forum per le donne la pace la sicurezza nella capitale Pristina, organizzato dalla Presidente Osmani e a cui lei ha preso parte. Haxhitasim ha sostenuto l’importanza del forum poiché il Kosovo non è parte delle Nazioni Unite, ma contribuisce e aderisce ai valori dell’agenda, anche se abitualmente non è invitato nelle attività a New York. Un altro evento di alto livello nella settimana è stata la visita dalla presidente della commissione europea Ursula von der Leyen in Kosovo, la quale ha sostenuto che il Kosovo ha il pieno supporto dell’Unione Europea nel cammino verso l’integrazione, e nel processo di allargamento dei Balcani Occidentali. Haxhitasim ha dichiarato che è importante che l’UE si mostri così come ora ovvero che non è mai stata così unita, sostenendo anche come il Kosovo sia allineato al 100% alla politica estera e di sicurezza con l’Unione.
Ovviamente nel suo discorso non poteva non parlare anche dell’intervento umanitario della fine del secolo scorso nel 1999 sotto l’egida NATO, ma ha sostenuto che è stato l’inizio di un nuovo capitolo di liberazione, pur essendo la prima cosa che viene in mente a tutti, però ci ha tenuto a precisare che il Kosovo non è solo quello, c’è un prima e un dopo. Infatti, nel 2008 (17 febbraio) ha dichiarato la sua indipendenza, non un atto unilaterale come spesso riportato dai media, ma è stato molto ben coordinato fra le democrazie, a suo dire.
Un tema di attualità da cui sicuramente non si poteva esimere è il conflitto russo-ucraino. A detta dell’ambasciatrice il Kosovo è stato l’ultimo paese a soffrire la guerra nella regione e per questa ragione mostra totale solidarietà all’ucraina anche se non è riconosciuta da questo paese, ponendo enfasi lavorando duramente per portare la pace in Ucraina attraverso anche gli sforzi nella diplomazia. Tanto è vero che il Kosovo mette così tanto sforzo nelle perseguire le relazioni bilaterali con ogni paese, considerando che la metà dei paesi al mondo non lo riconosce. Con questa guerra la geopolitica è in cambiamento, sotto forti tensioni: le organizzazioni internazionali e regionali hanno messo in dubbio, in discussione i principi, i valori, mettendo a rischio appunto gli equilibri internazionali.
La diplomatica ha espresso la priorità in politica estera, ovvero il futuro status di candidato all’UE e in seguito alla NATO. Ha anche accennato la partecipazione del suo Paese al Consiglio d’Europa per la prima volta, dichiarando che è il giusto periodo per vedere chi sta perseguendo la via corretta. Si è lanciata anche in un parallelismo fra i lockdown del covid e i cittadini del Kosovo che da più di 10 anni non sono liberi di muoversi e quindi il Paese sta cercando di proseguire nel cammino per la liberalizzazione dei visti per la libertà di movimento.
La politica e l’economia sono sempre pilastri, ma la cultura e l’educazione sono davvero importanti. In questo frangente parlando delle lingue ufficiali in Kosovo (l’albanese e il serbo) ha sottolineato come nelle municipalità serbe vi sia la possibilità di discrezione su cosa studiare nei programmi e la prima lingua è sempre la lingua della comunità in maggioranza in quella zona. Un tema di primo livello che scientemente aveva evitato di parlarne, perché ovviamente si aspettava domande sull’argomento, sono le relazioni con la Serbia. Nel 2010 la Corte Internazionale di Giustizia emette un parere che dà ragione al Kosovo a detta dell’Ambasciatrice, (anche se va ricordato a dover di verità che la Serbia contesta la decisione e che in realtà la CIG si è mossa abilmente ed ha trovato una soluzione di forma e contenuto attraverso tecnicismi giuridici per non rispondere in maniera chiara sulla dichiarazione di indipendenza). Nel 2011 inizia il dialogo con la Serbia, mediato dall’UE, per integrarle entrambe nell’Unione, ma come detto in precedenza non ha mai ottenuto lo status di candidato però comunque ha continuato a mostrare buona volontà. Sempre all’interno delle relazioni con la Serbia l’ambasciatrice ha risposto a una domanda più specifica riguardante lo spinoso e corrente problema delle targhe delle macchine, che è molto tecnico, sensibile e particolare.
Richiesta dalla Serbia di prolungare ulteriormente, ma queste proroghe vanno avanti da 9-10 anni, e per il Kosovo questo non è più accettabile perché l’ambasciatrice sottolinea che nella bandiera ci sono sei stelle che rappresentano le sei comunità che dovrebbero essere trattate in maniera eguale, e non una comunità in questo caso quella serba con dei trattamenti diversi dagli altri. Inoltre, la diplomatica sostiene che la questione delle targhe è un argomento artificiale per minare la pace nei Balcani durante questo periodo in cui c’è già la guerra in Ucraina.
Una domanda rivoltale riguardava l’iniziativa regionale Open Balkans, che vede la partecipazione di Serbia Albania e Macedonia del Nord, e ci si chiedeva se il Kosovo avesse intenzione di partecipare o aderire. L’ambasciatrice è stata piuttosto perentoria sostenendo che se qualcosa accade deve accadere tutte insieme, Ma attualmente non è sicura se continuerà o no questo progetto. Ha spiegato che il Kosovo è parte del processo di Berlino ovvero l’allargamento dell’Unione Europea nei Balcani occidentali che ora ha preso “una nuova linfa”, da alcune speranze per la libera circolazione ma è da vedere se funzionerà; in aggiunta vi è stato già il riconoscimento reciproco dei diplomi per l’università e delle professioni.
In seguito, l’ambasciatrice ha detto che non bisogna mai fare parallelismi tra il Kosovo e le altre comunità, perché ovviamente il contesto è diverso e ha spiegato anche perché alcune nazioni non riconoscono il Kosovo poiché esistono problemi con i loro cittadini (si può pensare ad un velato riferimento, ad esempio, alla Spagna per la questione catalana). L’ambasciatrice ha aggiunto che la legislazione adottata internamente deve essere allineata con l’Unione Europea prima dell’approvazione nel Paese. Nel 2016 è avvenuto un passo molto importante il primo step della pre-inclusione nell’UE quando è stato firmato con l’Unione Europea, lo stabilization and association agreement. Per il Kosovo è anche importante avere Paesi vicini che rispettino i valori europei. Lo status di candidato sarà un inizio, non la fine il punto di arrivo, e che si porrà forza nel riformare loro stessi nel riordinare, rivedere le politiche e cercare di rendere più chiara la via per i candidati potenziali.
Uno degli ultimi argomenti postile è stato il rapporto con l’Italia, in particolare con i soldati italiani di stanza in Kosovo. Haxhitasim ha fatto riferimento alla risoluzione ONU 1244, spiegando come vi è ancora in Kosovo la missione ONU ma in realtà ha molti limiti nelle operazioni. Ha espresso la sua gratitudine e il riconoscimento per i Paesi che hanno stanno contribuendo ed hanno contribuito al peacekeeping e al peace maintaining, in special modo ai soldati italiani nelle azioni umanitarie; infatti, attualmente la missione è sotto comando italiano. E gli italiani possono aiutare e l’hanno fatto attraverso l’addestramento, la formazione di esperti, e ora grazie a questo anche il Kosovo aiuta le donne ucraine. Il Kosovo sposa i valori euro atlantici ed è per questo che l’anno scorso in Kuwait sono stati mandati dei soldati con altri plotoni. Lavorare insieme per i soldati del Kosovo con gli altri militari per l’addestramento, l’educazione e l’insegnamento del best expertise è molto importante; infatti, spesso sono formati all’estero negli Stati Uniti.
Sul finale invece si è toccato un tema di politica interna ovvero la Costituzione e i diritti. L’ambasciatrice ha dichiarato che la costituzione è una delle più moderne, promuove tutti i diritti e tutte le comunità. Per la seconda volta una donna è presidente, inoltre, il 40% dei rappresentanti all’assemblea parlamentare sono donne, perché hanno notato che le donne portano inclusione e diritti sociali. Il Kosovo abbraccia, aderisce alle convenzioni, ai trattati per i diritti civili anche lgbt.
L’ambasciatrice ha concluso il suo discorso con una frase ad effetto e significativa alla domanda se il Kosovo volesse rimanere indipendente o far parte dell’Albania ed ha dichiarato senza mezzi termini che il Kosovo vuole rimanere una nazione indipendente e non essere annesso all’Albania.
Paolo Romano