BALCANI. Nascerà il mercato comune dell’ex Jugoslavia?

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Sei paesi balcanici, che contavano sulla adesione all’Unione europea, ma che non hanno ricevuto il consenso di Bruxelles, stanno lanciando un processo di integrazione regionale che può dare vita ad un nuovo blocco regionale. Serbia, Montenegro, Macedonia, Bosnia-Erzegovina, Albania e Kosovo, stanno per discutere il progetto.

L’integrazione economica nei Balcani è un fenomeno inaspettato dopo le guerre degli anni Novanta che hanno portato alla morte di almeno 130 mila persone, riporta Ria Novosti. 

I conflitti armati hanno scosso dalle fondamenta l’edificio della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia, lasciando al suo posto una regione carica di problemi. Oltre al conflitto prolungato tra Serbia e Kosovo, le difficoltà permangono per il Kosovo e la Repubblica Srpska, parte della Bosnia-Erzegovina.

Nonostante le vicissitudini politiche, i legami economici, quelli politici, dei tempi jugoslavi, si sono conservati. Molte aziende serbe hanno una rete di vendita al dettaglio in tutta la ex Jugoslavia; c’è più coesione economica, che politica, il vero nucleo della ex Jugoslavia. A collegare i paesi della regione c’è il fattore linguistico: dal 1990, le lingue serba, croata e bosniaca sono sì considerate diverse, ma le difficoltà di comprensione reciproca tra i vettori economici non hanno alcuna importanza.

Secondo Le Monde, al fine di raggiungere la media Ue nel 2030, i paesi dei Balcani hanno bisogno di una crescita economica del 6% annuo. Obiettivo non fattibile che blocca gli stati della Jugoslavia in modo permanente nella “sala d’attesa” dell’Ue.

È un fatto che aumenta l’irritazione nei Balcani che di tanto in tanto scoppia. Come nel caso del ministro degli Affari Esteri del Montenegro, Srdjan Darmanovich: «Non dobbiamo pensare che l’adesione all’Unione europea, sia una certezza»; i più euroscettici sono in Serbia, in cui il paese non ha dimenticato il bombardamento aereo della Nato nel 1999. Inoltre Belgrado sa che l’ingresso nell’Ue è ostacolato dalla Croazia, già membro dell’Unione, e sa che superare tale resistenza non sarà facile.

Germania e Francia continuano a considerare la regione come una fonte di problemi, tra cui la crescita del sentimento islamista e l’emigrazione incontrollata dei flussi sia di transito che di origine, come nel caso dell’Albania a cavallo tra gli anni Novanta e Duemila.

A Berlino e Parigi preferiscono fare in modo che i paesi dell’ex Jugoslavia siano sviluppati economicamente, sostenendosi a vicenda, relegando la questione della loro adesione all’Unione europea in un futuro lontano. Ecco quindi il ministro degli Esteri tedesco Sigmar Gabriel, a maggio 2017, che propone un progetto di mercato comune nei Balcani. A luglio 2017 le idee di Berlino sono state discusse in un forum internazionale a Trieste, che ha riunito sei paesi membri dell’Ue e sei paesi balcanici. Investimenti nell’area in arrivo anche da Pechino che vede nei Balcani parte dei terminali della Nuova Via della Seta; la Cina ad esempio ha acquisito nella ex Jugoslavia alcune aziende chiave, tra cui l’unico produttore di acciaio della Serbia.

Graziella Giangiulio