AUSTRALIA. Il governo Albanese vuole dare voce politica agli aborigeni

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Dalla crisi energetica al cambiamento climatico, dall’inflazione alla Cina, il nuovo governo australiano deve affrontare numerosi problemi. Ma il primo Ministro Anthony Albanese ha emotivamente dedicato il suo primo mandato ad affrontare un problema decisamente interno e probabilmente meno urgente: il riconoscimento della popolazione indigena australiana nella Costituzione.

È un tentativo di piantare un’idea visionaria nel panorama nazionale e di costruire un obiettivo comune che possa unire il Paese in mezzo alle turbolenze del 2022. Ma, i problemi non mancano.

Il processo è iniziato nel 2017, in occasione di un importante raduno di circa 250 leader indigeni a Uluru / Ayers Rock per discutere del futuro delle popolazioni delle prime nazioni in Australia. Secoli dopo la colonizzazione britannica, e con le generazioni attuali che ancora ne subiscono le conseguenze, la successiva “Dichiarazione di Uluru dal cuore” ha stabilito tre obiettivi fondamentali: una commissione per la definizione di un “accordo”, un processo per la verità e una voce costituzionale per i popoli indigeni, riporta Nikkei.

Il dibattito si è acceso sulle modalità di introduzione di questi programmi, con la tempistica di ogni componente considerata cruciale. L’enfasi posta ora sulla cosiddetta “Voce al Parlamento” – un organo proposto di rappresentanti indigeni sancito dalla Costituzione per consentire agli aborigeni e agli abitanti delle isole dello Stretto di Torres di consigliare il Parlamento sulle politiche e sui progetti che riguardano le loro vite, ha lasciato sgomenti alcuni che sostengono che dovrebbe arrivare solo dopo un processo di riconciliazione oggi in corso.

Il sostegno dei Verdi è fondamentale per l’approvazione della legge sul referendum alla Camera alta ma per loro il concetto è forse prematuro. Per tutti comunque, l’idea è entrata senza problemi nella coscienza nazionale.

L’idea del referendum anche per gli aborigeni ha tutte le carte in regola, in quanto «risponde alla sfida del riconoscimento degli indigeni, è coerente con i principi della sovranità parlamentare e non ha apparenti “conseguenze indesiderate”».

La proposta di Albanese contiene tutti i dettagli che gli aborigeni stavano aspettando. Il concetto di voce indigena si basa, per definizione, sul presupposto dell’esistenza di un’entità unica. Le circa 600 prime nazioni australiane sono costituite da una moltitudine di gruppi e reti tribali, di parentela e di lingua che attraversano il Paese secondo schemi complessi e antichi, di portata e profondità inimmaginabili per molti australiani non indigeni abituati a un sistema di governo britannico.

Il documento di discussione prevede un organismo rappresentativo composto da un massimo di 35 regioni che sarà istituito per collegarsi ai governi nazionali, statali e locali. L’obiettivo, si legge nel rapporto, è quello di fornire “supervisione, consulenza e piani” per le popolazioni indigene che subiscono l’impatto delle azioni governative e di “testare su strada” le nuove politiche e direzioni indigene.

Il rischio politico è che il governo Albanese si impantani nei dettagli e che scelga un modello sbagliato, che poi sarà costretto a portare al referendum; finendo per mettere a rischio le istanze stesse degli aborigeni.

Antonio Albanese