ASIA NORDORIENTALE. Tokyo e Seul si armano, senza ombrello USA

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Il timore di un dominio da parte della Cina, con la sua crescente potenza militare e la sua influenza economica quasi irresistibile, è molto diffuso nei paesi asiatici.

L’ascesa della Repubblica Popolare Cinese ha spinto i governi locali a ridurre la cooperazione in materia di sicurezza con gli Stati Uniti, percepiti in declino, e ad allinearsi alla “comunità di destino comune” preconizzata da Xi Jinping.

Il prezzo? Acquiescenza alle crescenti rivendicazioni territoriali della Cina e l’accettazione del potere di veto cinese su qualsiasi politica che la Cina potrebbe considerare ostile.

Via via i paesi dell’area stanno scegliendo come muoversi tra Washington e Pechino.

Il governo giapponese ha annunciato l’intenzione di raddoppiare la spesa per la difesa dall’1% al 2% del Pil nei prossimi cinque anni, per acquisire capacità di attacco a lungo raggio che potrebbero colpire obiettivi in territorio cinese o nordcoreano e per istituire un comando congiunto globale che garantisca un migliore coordinamento tra esercito, marina e aeronautica del Giappone.

Queste mosse accelerano e quasi completano l’uscita del Giappone dalle restrizioni imposte alle forze armate nel Secondo dopoguerra, viste le preoccupazioni del Giappone per un ambiente di sicurezza che sta costantemente peggiorando nonostante la persistenza dell’alleanza tra Stati Uniti e Giappone.

A preoccupare il Giappone è soprattutto la prospettiva di un tentativo della RPC di annettere con la forza Taiwan. Tokyo teme che la caduta di Taiwan sotto il controllo del Partito Comunista Cinese peggiorerebbe drasticamente la situazione geopolitica del Giappone, ponendo la Cina in controllo di rotte marittime cruciali e posizionandola in modo da conquistare la catena delle isole Ryukyu.

L’ansia giapponese per un possibile tentativo cinese di impadronirsi di Taiwan è aumentata ulteriormente dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Il primo ministro giapponese Fumio Kishida ha fatto eco a questa preoccupazione a gennaio, affermando che «l’Ucraina potrebbe essere l’Asia orientale di domani».

Tokyo percepisce una carenza nella quantità di protezione offerta dall’alleanza statunitense rispetto al livello di minaccia presente nell’ambiente esterno. Considerando il baluardo americano non più sufficientemente alto o forte, i giapponesi stanno facendo di più per garantire la propria sicurezza.

Nel frattempo, la Corea del Sud sta mostrando interesse a dotarsi di un proprio arsenale nucleare.

Dopo gli anni Settanta del Novecento, oggi la febbre nucleare è scoppiata di nuovo nella Repubblica di Corea. L’opinione pubblica sudcoreana si è a lungo opposta all’acquisizione di armi nucleari, ma di recente i numeri si sono ribaltati: fino al 71% degli intervistati è attualmente favorevole a un arsenale nucleare sudcoreano interno.

A gennaio il presidente Yoon Suk-yeol ha dichiarato che l’espansione nucleare e missilistica della Corea del Nord potrebbe rendere necessaria l’acquisizione di armi nucleari da parte del suo Paese. Ma il governo statunitense è ancora fortemente contrario a un programma di armi nucleari sudcoreano. Anche la Cina si opporrebbe, in quanto ciò incentiverebbe il Giappone a dotarsi di armi nucleari e porterebbe probabilmente ad altri test nucleari nordcoreani scomodamente vicini al confine cinese.

Se Seul diventasse potenza nucleare, il Gruppo dei fornitori nucleari taglierebbe le forniture di combustibile per i reattori nucleari che forniscono quasi un terzo dell’elettricità della Corea del Sud.

Il presidente Yoon Suk-yeol ha dichiarato di non credere che gli attuali sistemi di difesa missilistica della Corea del Sud, compreso il Thaad Usa, possano fermare un attacco da parte di uno dei missili avanzati testati dai nordcoreani.

La presunta capacità nordcoreana di colpire gli Stati Uniti con un missile balistico intercontinentale e nucleare fa ripensare ai sudcoreani la credibilità dell'”ombrello nucleare” statunitense: se colpire il territorio nordcoreano come rappresaglia per un attacco al Sud era un tempo privo di costi per gli Stati Uniti, ora ci si chiede se gli americani sarebbero disposti a perdere Seattle per vendicare Seul.

Inoltre, la presidenza di Donald Trump ha scosso la fiducia della Corea del Sud nell’affidabilità degli Stati Uniti. Ora l’America sembra forse a un’elezione di distanza da un presidente che potrebbe decidere di abbandonare l’alleanza. In queste circostanze, un arsenale nucleare simboleggia il desiderio dei sudcoreani di controllare la propria situazione strategica.

Tommaso Dal Passo

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