
L’ex presidente boliviano Evo Morales, che si è dimesso a novembre durante quello che lo stesso Morales ha definito un “colpo di stato”, ha trascorso il suo secondo mese di esilio da Buenos Aires, la città che è diventata la sua base operativa per le future elezioni presidenziali di maggio, alle quali non parteciperà.
«Sono oramai due mesi di distanza dal mio amato Paese. Siamo arrivati in #Messico devastati, ma oggi, comunque, abbiamo la forza di tornare in #Bolivia. Questa forza viene dal popolo … Combatteremo il razzismo e la discriminazione, e riconquisteremo la democrazia», ha detto Morales in un post su Twitter, il 12 gennaio. Morales è arrivato il 12 dicembre nella capitale argentina insieme a diversi altri ex funzionari e aiutanti, riporta Efe.
Il sessantenne Morales, che si è dimesso l’11 novembre a causa delle pressioni delle forze armate ed è fuggito in Messico, ha chiesto asilo politico in Argentina. L’amministrazione del nuovo presidente Alberto Fernandez ha concesso asilo politico a Morales, il primo presidente indigeno della Bolivia, definendolo un «perseguitato» nel suo Paese. L’amministrazione Fernandez, però, ha chiesto a Morales di astenersi dal fare dichiarazioni politiche.
«Un colpo di stato è stato consumato in Bolivia, il prodotto delle azioni di un gruppo di civili violenti, di personale di polizia… e di un esercito passivo», aveva detto Fernandez poche settimane prima di assumere l’incarico il 10 dicembre. Il sessantenne Fernandez, peronista, ha sconfitto l’ex presidente conservatore Mauricio Macri alle elezioni presidenziali del 27 ottobre. Fernandez ha invitato Morales a trasferirsi in Argentina, dove già risiedevano i due figli dell’ex capo di Stato boliviano.
Inizialmente Morales ha evitato di fare dichiarazioni pubbliche, usando Twitter per criticare quello che ha definito il «governo di fatto» del presidente ad interim Jeanine Añez, una senatrice che ha assunto l’incarico in un vuoto di potere in Bolivia. Il 17 dicembre Morales ha tenuto una conferenza stampa a Buenos Aires per discutere la sua situazione.
«Due cose fanno male a questo colpo di stato: hanno ucciso dei compagni, ma stanno uccidendo anche», ha detto l’ex presidente. Morales ha detto che non sarà candidato alla prossime elezioni presidenziali e ha esortato il governo provvisorio a tenere «elezioni libere, pulite e trasparenti».
Il 18 dicembre, i procuratori boliviani hanno emesso un mandato di arresto per Morales con l’accusa di sedizione e terrorismo. I procuratori boliviani hanno detto di aver ottenuto una registrazione audio in cui Morales, che parlava dal Messico, avrebbe ordinato ai suoi sostenitori di bloccare le città della Bolivia per impedire la consegna di cibo.
Morales, da parte sua, ha detto che le accuse erano una «montatura (…) Di cosa mi accusa questo governo di fatto? Di terrorismo, di sedizione, che sono questioni politiche, non mi accuseranno mai di corruzione», aveva detto Morales all’agenzia iberica il 24 dicembre; «Sono diventato presidente per il Paese e non per soldi», ha poi aggiunto. Morales ha detto che il colpo di stato è stato messo in scena da interessi economici stranieri provenienti dagli Stati Uniti e da altri paesi per accaparrarsi le riserve di litio della Bolivia.
Maddalena Ingroia