ARABIA SAUDITA. Vision 2030 e donne al volante

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Ha fatto notizia l’eliminazione del divieto per le donne di guidare in Arabia Saudita, seguito poi dall’arresto di molte che erano alla guida, segno della difficoltà nel cambiare un costume assai radicato. La possibilità di poter guidare è solo il segno più visibile di un cambiamento di rotta a Riad. 

L’Arabia Saudita si trova oggi in una grave situazione economica, riporta Asia Times. Negli ultimi 60 anni, il reddito da petrolio ha permesso allo Stato di costruire un ampio sistema di welfare, che, oltre ad alloggi gratuiti e ad altre caratteristiche, ha fornito ai cittadini posti di lavoro ben retribuiti nel settore pubblico, con poche richieste, lunghe vacanze e prepensionamenti. Questo modello funzionava bene fintanto che la popolazione non era abbondante mentre lo era il reddito petrolifero per il Regno. Ma oggi non è più così. La popolazione sta crescendo rapidamente: il 60 per cento dei 22 milioni di cittadini sauditi ha meno di 30 anni. Il prezzo del petrolio è crollato nel 2014, con un impatto negativo sul reddito dello Stato saudita.

In quest’ottica, nel 2017, il giovane principe ereditario, ha annunciato la Saudi Vision 2030, la riforma più radicale dell’economia saudita fino ad oggi. L’ambizioso obiettivo a lungo termine è quello di trasformare l’economia da dipendente principalmente dai redditi petroliferi in un’economia post-petrolifera, e di portare gran parte della popolazione saudita nella forza lavoro. Dei 12 milioni di posti di lavoro retribuiti in Arabia Saudita, oggi solo 5 milioni sono detenuti da sauditi, mentre i restanti 7 milioni sono detenuti da lavoratori stranieri, migranti per lo più. 

Un altro elemento è l’assunzione basata sul merito e non su legami familiari o tribali. Le donne giocano un ruolo importante nella Vision 2030. In generale, le donne saudite sono leggermente più istruite degli uomini e quindi il governo ritiene di poter farle svolgere un ruolo attivo nello sviluppo del paese. Le donne possono anche essere meno riluttanti delle loro controparti maschili ad assumere alcuni dei posti di lavoro attualmente occupati da stranieri; inoltre sono sottoccupate: solo una saudita su cinque lavora.

Parte della ragione per cui le donne sono assenti dalla forza lavoro è legata alle tradizioni culturali e alle interpretazioni religiose che affermano che le donne dovrebbero prendersi cura della casa mentre gli uomini svolgono lavori fuori casa. Ma vi è anche una serie di ostacoli pratici che rendono difficile per le donne accettare un lavoro, se lo desiderano. La prima tra queste è stata proprio la questione delle donne e dei trasporti.

La natura stesa dei luoghi e la “urbanizzazione americana” limita gli spostamenti se si è privi di mezzi e il trasporto pubblico è significativamente sottosviluppato e i taxi non sono culturalmente un’opzione a meno che almeno due donne non viaggiano insieme. In base al vecchio divieto di guida per le donne, uscire di casa per una donna con la macchina comportava che questa doveva essere guidata da un parente di sesso maschile o, se la famiglia lo poteva permettere, da un autista. Se per le famiglie benestanti, avere un autista e acquistare un’auto extra non è un problema, per la maggior parte dei datori di lavoro del settore pubblico, l’assunzione di un autista è troppo costosa. Il principe ereditario ha anche esortato le istituzioni del settore pubblico a creare o ampliare i servizi di trasporto per le lavoratrici. 

La “liberalizzazione” della patente quindi rende sì indipendenti le donne saudite nei loro spostamenti, ma potrebbe rendere l’economia saudita più efficiente nel lungo periodo.

Maddalena Ingroia