La Guerra fredda del Golfo

272

ITALIA – Roma 09/03/2014. Quello che sta accadendo tra i paesi del Golfo Persico è una guerra fredda e implacabile.

Nessuna delle due parti sembra essere disposto a fare concessioni o mostrare flessibilità politica, riporta Al Akhbar. Il risultato è la più grave crisi del Consiglio di Cooperazione del Golfo mai registrata, con ripercussioni che interesseranno l’intera regione, dall’Egitto alla Siria, passando per la Palestina e il Libano.

L’annuncio di Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Bahrein (AGC: Doha messa all’angolo nel Ccg) è stato la salva d’inizio della guerra che il ministro degli Esteri saudita Saud al-Faisal aveva promesso di lanciare contro  il Qatar e precisamente contro l’emiro Tamim al-Thani (nella foto a destra) che non ha rispettato l’accordo firmato a Riad il 23 novembre 2013, dopo la mediazione dell’emiro del Kuwait, Sabah Al- Ahmad.

L’impegno preso dal Qatar conteneva la promessa che il Qatar avrebbe interrotto il suo sostegno ai Fratelli musulmani, quello agli Houthi nello Yemen e si sarebbe astenuto dal fare azioni ai danni alla stabilità di Arabia Saudita, Bahrain e Emirati Arabi Uniti. Il linguaggio della dichiarazione congiunta non era forte: si apre con una lunga introduzione sulla necessità della cooperazione, termine ripetuto nel testo, prima di concludere con la decisione di richiamare gli ambasciatori dei tre paesi del Golfo da Doha. La dichiarazione ha reso pubblico un elemento che precedentemente mancava nell’analisi delle relazioni tra i paesi del Golfo: lo scenario di sicurezza con cui è stato istituito il patto di sicurezza del Golfo, con l’obiettivo di «concordare un percorso e un approccio politico unico»: cioè ristabilire l’egemonia saudita sul Ccg; è questo il problema al centro della contrapposizione tra Qatar e Arabia Saudita in particolare. La dichiarazione congiunta era stata emanata in occasione della riunione tenutasi in Kuwait nel febbraio 2014, ospite l’emiro del Kuwait, Sabah Al-Ahmad, cui hanno partecipato l’emiro del Qatar e i ministri degli Esteri del Consiglio di Cooperazione del Golfo. Secondo Al Akhbar, Saud al-Faisal era teso durante l’incontro, brusco nell’affrontare l’emiro del Qatar. Faisal ha accusato direttamente il Qatar di minacciare la sicurezza di Arabia Saudita ed Egitto col suo sostegno ai Fratelli Musulmani, Faisal ha detto che il Qatar si era trasformato in un rifugio ed era diventato un sostenitore di chiunque volesse destabilizzare l’Egitto e il Golfo, inclusi gli Houthi nello Yemen.

Faisal, con lo stesso tono bellicoso, aveva letto un elenco di misure punitive in presenza degli emiri di Kuwait, Qatar e dei ministri degli esteri del Ccg, da attuare nel caso in cui il Qatar rispettati l’impegno indicato in precedenza. Le misure prevedevano:  Tali misure comprendono: il richiamo degli ambasciatori; la chiusura delle frontiere terrestri, la chiusura dello spazio aereo saudita per i velivoli quattrini e l’espulsione del Qatar dal Ccg e dalla Lega Araba. L’ emiro del Kuwait aveva chiesto a Riad di rinviare la decisione sulle misure punitive fino alla conclusione dei suoi sforzi per mediare e risolvere la controversia. Da parte sua, il Qatar ha detto di non volere contrapposizioni, ma allo stesso tempo Doha non intendeva modificare la propria politica estera, regionale, araba e internazionale. La contrapposizione tra Arabia Saudita e Qatar è di vecchia data: nel 1913, quando Abdul Aziz , fondatore del moderno stato saudita, decise di incorporare il Qatar alla provincia di Ahsa, dopo averlo occupato; Abdul Aziz non riconobbe i confini del Qatar fino al 1915, sotto le pressioni della Gran Bretagna. L’accordo sui confini tra Qatar e Arabia fu firmato nel 1965; Riad invase il Qatar nel settembre 1992 prendendo il posto di frontiera di al-Khafous. Dopo il colpo di stato militare in Qatar nel 1995, il governo del Qatar ha rivelato che il governo saudita interferiva negli affari interni tramite il clan Murra: centinaia di membri del clan furono privati del passaporto e molti furono arrestati. Dopo gelo e distensione si sono alternati: nel 2002, Al-Jazeera realizzò un documentario sulla storia dell’Arabia Saudita, criticando Abdul Aziz con la conseguenza che l’Arabia ritirò il proprio ambasciatore da Doha, Hamad Saleh Taimi, per sei anni. Normali relazioni ripresero dopo che l’ex emiro del Qatar visitò l’Arabia Saudita e si incontrò con il principe ereditario Sultan nel marzo 2008: un nuovo ambasciatore saudita fu inviato a Doha. Nei sei anni di gelo, il Qatar strinse alleanze con Siria, Iran e i movimenti di resistenza in Palestina e Libano, divenendo un influente attore regionale: fu intermediario nelle riconciliazioni in Libano, nello Yemen e in Palestina, tra le altre cose. Questo fatto cozzava con la visione dell’Arabia Saudita come leader della politica estera dell’area del Golfo. La contrapposizione esplose sull’attacco israeliano a Gaza tra dicembre 2008 e gennaio 2009: il Qatar convocò un vertice arabo di emergenza a Doha per fissare una posizione araba unitaria e fare pressione sul Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per costringere gli israeliani a porre fine alle operazioni, l’Arabia Saudita boicottò il vertice. Nel maggio 2010, i rapporti migliorarono nuovamente: l’ex emiro del Qatar accettò la richiesta del re saudita di perdonare un certo numero di sauditi coinvolti nel tentativo di colpo di stato del 1995. Con l’inizio della primavera araba, si segnalò un  riavvicinamento di convenienza per bloccare l’effetto domino che cominciavano ad arrivare troppo vicino al Golfo. Poi, con lo scoppio della crisi in Siria , Qatar e Arabia Saudita avviarono una fase di cooperazione e coordinamento senza precedenti a sostegno degli sforzi dell’opposizione siriana per rovesciare il regime. Allo stesso tempo però, il Qatar ha sostenuto l’amministrazione dei Fratelli musulmani in Egitto contro il parere dei sauditi e degli Emirati.

Ci sono due cose che forse meglio riassumono la gravità della controversia saudita – Qatar, riporta al Akhbar: la prima è una conversazione telefonica tra l’ex ministro degli Esteri del Qatar, Hamad bin Jassim, e l’ex leader libico Muammar Gheddafi nel gennaio 2011, in cui si discuteva della spartizione dell’Arabia Saudita. Bin Jassim avrebbe detto che l’Arabia Saudita si sarebbe sciolta come neve al sole, avrebbe ceduto al Qatar il Qatif, provincia orientale dell’Arabia Saudita. Bin Jassim avrebbe anche detto che re Abdullah sarebbe solo un fantoccio e che il sovrano reale era Saud al-Faisal, aggiungendo che dopo la morte del re, l’Arabia sarebbe stata divisa. L’ex ministro degli esteri del Qatar avrebbe descritto il regime in Arabia Saudita come “antiquato”, rivelando che gli Stati Uniti e la Gran Bretagna gli avevano chiesto di riferire sulla situazione in Arabia Saudita e aveva raccontato i loro piani per rovesciare la monarchia saudita, pur temendo la presa del potere da parte di fondamentalisti islamici. La seconda è una dichiarazione fatta da capo dell’intelligence saudita Bandar bin Sultan, secondo cui «il Qatar sono solo 300 persone e un canale televisivo, non un paese». La dichiarazione sarebbe stata fatta quando l’Arabia Saudita decise di togliere la questione siriana dalle mani di Qatar e Turchia, e quando pianificò e finanziò un colpo di stato militare, con il sostegno popolare, in Egitto il 30 giugno 2013. Si trattava di un duro colpo per l’alleato del Qatar, la Fratellanza Musulmana. La nuova amministrazione egiziana, in seguito, ruppe le relazioni con Doha proprio perché il Qatar aveva sostenuto Mohammed Morsi e il regime della Fratellanza Musulmana.

La disputa saudito-qatarina è salito a nuovi alti livelli dopo un sermone del venerdì pronunciato da Yusuf al-Qaradawi (a sinistra), vicino ai governanti a Doha, in cui si condannava la posizione degli Emirati riguardo gli eventi in Egitto post-Morsi. Le successive minacce saudite non hanno dissuaso il Qatar dal continuare la sua politica in Egitto, i cui eventi Doha crede siano un colpo di stato guidato dai militari e sostenuto da sauditi e degli Emirati.

Ora che Arabia Saudita, Emirati, Bahrein hanno attuato il primo punto delle misure punitive minacciate contro il Qatar, bisognerà vedere l’attuazione dei prossimi punti. Bisognerà vedere come la camaleontica politica di Doha si muoverà nel prossimo periodo. Nello scenario, infine, si inserisce anche Il Cairo con il ritiro del suo ambasciatore da Doha per gli stessi identici motivi: interferenza negli affari interni. 

 

CONDIVIDI
Articolo precedenteCyberMaidan
Articolo successivoGli Usa lasciano il Kirghizstan