Questa settimana la Corte costituzionale di Tirana è chiamata a prendere una decisione definitiva sulla messa in stato d’accusa del Presidente Ilir Meta, in carica dal 2017. Il Capo dello Stato è un ex esponente del Partito socialista, lo stesso di cui è segretario il Primo Ministro Edi Rama. Anche se in Albania al Presidente non spetta il ruolo di dettare l’indirizzo di governo del Paese, Meta negli scorsi anni si è spesso scontrato con l’esecutivo di centrosinistra guidato dal Premier, riconfermato in seguito alle elezioni legislative di aprile 2021.
Il voto dell’anno scorso ha ulteriormente degenerato la situazione politica in Albania: alle solite accuse di corruzione politica e di intimidazioni da parte di entrambi gli schieramenti politici, si sono anche aggiunti episodi di violenza. Circa il 5% dei voti espressi dai cittadini albanesi sono stadi dichiarati non validi, una percentuale in crescita rispetto a quella delle scorse elezioni legislative. Ne è risultato un periodo post-elettorale particolarmente difficile; mentre il voto si è tenuto il 25 aprile, il nuovo parlamento si è insediato a settembre, con la riconferma di Edi Rama alla guida dell’esecutivo.
A giugno, negli ultimi mesi della scorsa legislatura, il Parlamento ha richiesto alla Corte costituzionale di giudicare la messa in stato d’accusa del Presidente per presunte gravi violazioni della Costituzione nel corso della campagna elettorale per le legislative. In quelle settimane, infatti, Ilir Meta ha più volte accusato il Governo di essere responsabile delle crescenti tensioni nel Paese, sostenendo che anche il Partito socialista di Rama si sarebbe reso responsabile della compravendita di voti.
Mentre Edi Rama all’estero continua a promuovere l’immagine della nuova Albania sulla strada delle riforme promosse da Bruxelles e solidamente alleata degli Stati Uniti, all’interno il quadro è particolarmente frammentato: anche il principale partito dell’opposizione, il Partito democratico di Albania (centrodestra), ha visto scontri tra i sostenitori dell’attuale leader Luzlim Basha e quelli dell’ex Premier Sali Berisha, recentemente espulso dal partito e dichiarato dal Dipartimento di Stato di Washington persona non grada in territorio statunitense per gravi atti di corruzione. Lo scorso gennaio, i sostenitori di Berisha sono arrivati ad assaltare la sede centrale del partito a Tirana.
Le tensioni politiche in Albania riguardano ora i due principali partiti del Paese e lo stesso Capo dello Stato, il cui mandato scadrebbe regolarmente nei prossimi mesi. La Costituzione albanese prevederebbe un ruolo super partes per il Presidente, che comunque è a capo delle forze armate e ha anche funzioni che rientrano nella sfera del potere giudiziario. Quest’ultimo aspetto è particolarmente importante per Tirana, dal momento che le riforme promosse da Stati Uniti e Unione europea riguardano innanzitutto la riorganizzazione del sistema della giustizia.
Carlo Comensoli