La Cina ha un appuntamento fisso ogni anno da oramai 40 anni e oltre: il tour del ministro degli Esteri cinese attraverso l’Africa.
La tradizione è iniziata alla fine degli anni ’80 e vede il massimo diplomatico di Pechino visitare diverse nazioni africane per riaffermare i legami. La visita più recente, del ministro degli Esteri Wang Yi, ha avuto luogo a metà gennaio 2025 e ha incluso tappe in Namibia, Repubblica del Congo, Ciad e Nigeria. Per oltre due decenni, la crescente influenza della Cina in Africa è stata simboleggiata da grandi dimostrazioni di potenza infrastrutturale. Dalle scintillanti torri di Nairobi ai grandi porti che punteggiano le coste del continente, gli investimenti della Cina nel continente sono aumentati, raggiungendo oltre 700 miliardi di dollari entro il 2023 nell’ambito della Belt and Road Initiative, l’enorme strategia di sviluppo infrastrutturale globale della Cina, riporta Politico.
Ma negli ultimi anni, Pechino ha fatto una mossa per conquistare i cuori e le menti del popolo africano: con un abile mix di persuasione, potere e denaro, Pechino si è rivolta ai media africani come potenziale canale per le sue ambizioni geopolitiche.
Collaborando con le emittenti locali e con iniziative di formazione per giornalisti, la Cina ha ampliato la propria presenza mediatica in Africa per cambiare le percezioni e radicare l’idea di Pechino come fornitore di risorse e assistenza e come modello di sviluppo e governance.
Vera strategia d’influenza a lungo respiro, nella più classica delle tradizioni. Ma ora, dopo il successo iniziale, si sta vedendo una nascente reazione contro i reportage pro-Pechino nei paesi di tutto il continente.
L’approccio della Cina, “cooperazione win-win”, mescola collaborazione e diplomazia culturale. La chiave dell’approccio mediatico della Cina in Africa sono due istituzioni: la China Global Television Network (CGTN) Africa e la Xinhua News Agency.
La CGTN Africa, fondata nel 2012, offre una prospettiva cinese sulle notizie africane e ritrae regolarmente Pechino come un partner costruttivo, riportando progetti infrastrutturali, accordi commerciali e iniziative culturali; Xinhua News Agency ha ora 37 uffici nel continente.
La presenza dei media occidentali in Africa rimane relativamente limitata.
Le storie di una partnership Cina-Africa “per tutte le stagioni” o salda vengono trasmesse ampiamente e la copertura descrive spesso la grandiosa natura dei progetti infrastrutturali cinesi. In mezzo a questa copertura entusiastica, le controversie sindacali, la devastazione ambientale o le trappole del debito associate ad alcune infrastrutture costruite dai cinesi non fanno notizia.
Nonostante le questioni di veridicità dei media, la strategia della Cina sta dando i suoi frutti: un sondaggio Gallup dell’aprile 2024 ha mostrato che i tassi di approvazione della Cina sono aumentati in Africa mentre quelli degli Stati Uniti sono calati. E con il disimpegno della nuova amministrazione Trump le cose non possono che andare in questa direzione.
L’efficacia della strategia mediatica cinese diventa particolarmente evidente nell’integrazione dei media locali. Attraverso accordi di condivisione dei contenuti, le emittenti africane hanno diffuso la linea editoriale di Pechino; nel frattempo, StarTimes, società di media cinese, propone un flusso costante di film, programmi TV e documentari cinesi tradotti in 30 paesi in Africa.
Inoltre Pechino sta anche formando i giornalisti africani; i media locali molto spesso sono gestiti da giornalisti che hanno accettato inviti a visitare la Cina.
Il dissensò comunque inizia a venire fuori. In Kenya, paese di tradizione anglosassone, le voci di dissenso stanno iniziando a salire e i professionisti dei media immuni al fascino di Pechino stanno indagando sui veri costi delle iniziative finanziarie cinesi; lo stesso in Sudafrica, in Ghana.
Lucia Giannini
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