AFGHANISTAN. Guerra Lampo e Pace dell’Emirato Islamico

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I Talebani continuano ad affermare che la pace in Afghanistan può venire solo con la re installazione di un “Emirato islamico”, un mantra che è un anatema per molti afgani che ricordano il loro governo prima dell’invasone americana.

Gli studenti coranici però hanno sempre più il sopravvento in una guerra lampo che ha conquistato enormi quantità di territorio sulla scia del ritiro accelerato delle truppe degli Stati Uniti. Nelle ultime settimane, i Talebani hanno catturato ben oltre 100 distretti nelle regioni strategiche del nord e del nord-ovest della nazione, un’offensiva che ha permesso al gruppo di espandersi ben oltre le sue tradizionali roccaforti geografiche del sud, riporta Asia Times.

Il sito web dei Talebani è ora costellato di rapporti sul successo della “conquista” di vari distretti settentrionali, tra cui recentemente Badghis, Qadis, Maqur, Ab Kamari, Mayan-e-Sheen. Il crescente controllo dei Talebani sui valichi di frontiera della regione settentrionale è sia strategico che simbolico. Non solo indebolisce significativamente la capacità di Kabul di amministrare il paese, ma invia anche un segnale su chi sia la principale forza militare dell’Afghanistan.

A giugno, i Talebani hanno preso il controllo di Imam Sahib, una città nella provincia di Kunduz di fronte all’Uzbekistan, dando loro il controllo di una importante rotta commerciale.

L’invasione del nord fa parte di un ampio schema per presentare il suo “piano di pace” come un fatto compiuto al governo Ghani e al popolo afgano che ristabilisce la situazione politica precedente l’invasione statunitense nel 2001: maggiore è il numero di distretti e province che i Talebani hanno sotto il loro diretto controllo, maggiore è la leva che avranno per spingere il loro piano di pace islamico.

I talebani continuano a rifiutare “apertamente” le proposte di governo provvisorio avanzate dai negoziatori di Ghani fino a quando non si potranno tenere nuove elezioni. L’amministrazione Ghani ha risposto con la minaccia di lanciare una grande controffensiva, in particolare nel nord dove i talebani stanno avanzando. Ma l’ondata di defezioni di truppe e l’assenza di potenza aerea statunitense mettono in serio rischio simili minacce: Kabul non ha la capacità militare di resistere agli attacchi talebani per più di sei mesi.

Mentre la minacciata controffensiva di Ghani potrebbe intensificare la guerra, in particolare se i tradizionali signori della guerra venissero in aiuto del governo, rimandando però solo l’inevitabile presa di Kabul da parte dei Talebani. Questo spiega le diserzioni o per i Talebani, o semplicemente per evitare di combatterli.

Il 6 luglio, più di 1.000 soldati afgani sono fuggiti in Tagikistan dopo che i Talebani hanno catturato diversi distretti chiave nella provincia di Badakhshan, che confina sia con il Tagikistan che con la Cina.

Si sta rapidamente mostrando la debolezza come forza di combattimento indipendente delle forze di sicurezza afgane prive dell’ombrello di sicurezza degli Stati Uniti e della Nato.

Evitando deliberatamente attacchi diretti alle forze statunitensi e della Nato e rispettando alcune disposizioni del patto di Doha del 2020, i talebani hanno facilitato il ritiro delle forze straniere.

La decisione Usa di ritirarsi ha comunque dato ai talebani un forte impulso a spingersi militarmente in avanti mentre ancora si parla di pace.

La sua attuale offensiva lampo ha cercato di riempire il vuoto creato dagli Stati Uniti prima che le forze nazionali potessero adattarsi sia politicamente che militarmente alla nuova realtà.

Gli attacchi dei Talebani possono quindi essere interpretati come offensivi e preventivi. Il gruppo non solo vuole sconfiggere Kabul, ma sta anche proiettando ai potenziali sfidanti, vale a dire i tradizionali signori della guerra del paese, di essere l’unica forza con gli uomini e le risorse per controllare tutto l’Afghanistan.

Finché il gruppo non sarà respinto, sembra sempre più probabile che possa presentare il suo piano di pace come un fatto compiuto piuttosto che come una proposta il mese prossimo a Doha.

Antonio Albanese