Le banche cinesi sono in rotta con i trader di acciaio del Paese per via di prestiti concessi non restituiti perché richiesti, secondo i trader, senza motivi anzi imposti.
La pesante manovra per recuperare i crediti è un segno, però, dello stress cui è sottoposta l’economia di Pechino. Lo scontro riguarda la manovra da 4 trilioni del 2008 ed è orami un segnale di pericolo per coloro che nel governo intendono pompare altro denaro nel sistema. Nel 2008, le banche cinesi “gettarono” denaro nel sistema dell’acciaio, vista la massiccia espansione del Paese nelle costruzioni e nelle infrastrutture. Ma dopo l’entusiasmo iniziale, i prestiti non andarono a buon fine: mal gestiti o eccessivi divennero una zavorra per il sistema che si rivolse verso altre forme d’investimento. Alla fine del 2011, il settore acciaio aveva un debito di 400 miliardi di dollari (quasi il Pil del Sud Africa,per intendersi). Si tratta di un debito che le banche chiedono venga onorato e che il settore acciaio non vuole e non può pagare perché vengono percepite come elementi che possono uccidere l’economia nonostante i grandi profitti che stanno registrando. Alcuni casi, a Shangai per esempio, stanno finendo davanti ai tribunali, con i due attori che sono di fatto proprietà dello Stato,o con grandi fughe all’estero e suicidi di tycoon dell’acciaio.