AAA. Foresta amazzonica vendesi

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ECUADOR – Quito. Il governo di Quito sta tentando di vendere tre milioni di ettari di foresta alle compagnie petrolifere internazionali, cinesi in primis. L’intenzione di mettere all’asta un patrimonio così prezioso per l’umanità ha provocato la dura protesta di alcuni leader delle tribù locali e di organizzazioni non governative, che parlano di «sistematica violazione dei diritti sulle terre ancestrali».

La possibile vendita della foresta amazzonica aprirebbe la strada a nuove esplorazioni petrolifere e a nuove deportazione di popolazioni indigene. L’organizzazione californiana  nonprofit Amazon Watch, impegnata da sempre nella difesa dei diritti delle popolazioni tribali e della foresta pluviale, lancia un appello ai rappresentati politici ed istituzionali impegnati in questa compra-vendita: «Chiediamo che sia le compagnie private che quelle statali si rifiutino di partecipare a questa asta che viola sistematicamente i diritti di sette nazioni indigene, imponendo esplorazioni petrolifere nei loro territori ancestrali». Secondo l’organizzazione, sarebbero infatti sette le popolazioni che rischiano di essere espropriate dalla loro terra e costrette ad abbandonare il proprio tradizionale stile di vita.

Il governo di Quito ha organizzato un vero e proprio tour delle capitali straniere che potrebbero essere interessate all’affare: ultima tappa Pechino, dove i rappresentati ecuadoregni hanno illustrato le potenzialità energetiche dei territori in vendita ad un team di manager delle maggiori aziende petrolifere cinesi, tra le quali figurano la China Petrochemical e la China National Offshore Oil.

Nella capitale cinese, come molti avevano previsto, non si è svolta alcuna manifestazione di protesta  da parte delle ong ,a differenza di quanto accaduto nelle precedenti tappe in altre città gli scorsi mesi,quali Bogotà, Houston, Parigi, Singapore.

Il ministro ecuadoregno per gli Idrocarburi, Andrés Donoso Fabara ha accusato i leader delle contestazioni di non fare gli interessi delle popolazioni,non tenendo conto dello sviluppo e della lotta alla povertà.

Secondo vari osservatori, dietro la vendita dei terreni amazzonici e del “rapporto privilegiato” con la società cinesi ci sarebbe la volontà e l’obbligo di risanare una parte del debito accumulato dall’Ecuador nei confronti della Cina: Quito deve infatti a Pechino circa 7 miliardi di dollari, più

di un decimo del suo Pil.  Il Paese aveva infatti iniziato a prestare denaro all’Ecuador, in cambio di forniture petrolifere, già nel 2009. I lotti da sfruttare, tredici in totale, si trovano nelle regioni ecuadoriane di Pastaza e Morona-Santiago, con una produzione potenziale di idrocarburi, prevista da Quito, di 200mila barili al giorno in fase iniziale e 600mila a regime. 

Secondo Amazon Watch, il possibile acquisto violerebbe molte clausole fissate proprio dai ministri cinesi per l’Ambiente e per il Commercio Estero: gli investimenti fuori dai confini nazionali dovrebbero infatti promuovere uno sviluppo armonioso dell’economia locale, dell’ambiente e della comunità. Ma il denaro,come sempre, vale più di mille parole.