2018: anno della “primavera in” Caucaso del Sud

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ARMENIA – Yerevan. 14/08/13. Secondo Alexei Vlasov, direttore generale degli Studi Politici “Nord-Sud” il 2013 sarà una sorta di cartina tornasole per il Caucaso Meridionale. Lo ha detto pubblicando un’analisi in materia su newsarmenia.ru. Indicando però nel 2018 l’anno della primavera politica della regione.

 

Armenia, Azerbaijan e Georgia, stanno invatti osservando la nascita di nuovi gruppi politici, sia tradizionali che “della rete”, stanchi dei vecchi volti, in cerca di nuove persone in grado di dare una svolta alla attuale situazione politica ed economica.

Tre gli appuntamenti da tenere d’occhio: Elezioni presidenziali in Armenia, Azerbaigian e Georgia. Sono passati oramai vent’anni da quando l’Unione Sovietica è crollata e il protettorato di Mosca ha allentato la presa ma non ha perso il suo ruolo centrale nella vita politica ed economica delle ex repubbliche URSS.  Seondo gli analisti governativi grazie a questo controllo “leggero” l’area del Sud del Caucaso ha trovato un suo equilibrio tra il governo e l’opposizione. Ma per Vlasov non è del tutto vero. Se si vanno a guardare da vicino le questioni regionali sono molti i conflitti aperti dove a ogni afflato si richiede l’intervento russo per riportare la calma. 

Non solo, in tutti i paesi della regione, vi è tendenza in comune: la crisi della vecchia opposizione e l’emergere di nuove forze politiche e gli oppositori più radicali del governo esistente.

Per esempio in Armenia, nonostante le previsioni vedessero vincitore il leader del Partito Repubblicano Serzh Sargsyan, elezioni avvenute lo scorso febbraio, i risultati sono stati sorprendenti, lo scarto tra maggioranza e opposizione non è così elevato.  Il leader del secondo posto dell’opposizione “Heritage” partito Raffi Hovannisian era sorprendentemente piccolo: 58% contro il 36, 7%. E se il presidente in carica è stato aspramente criticato per le sue condotte “non di interesse generale” il suo avversario non aveva idee innovative. Segno dunque che il cambiamento passa per le persone e nn per le idee. Dopo tutto Hovannisian è un politico del “vecchio stampo” ben noto agli elettori in Armenia, ma mai classificato tra i veri contendenti per la presidenza. 

In ogni caso, secondo l’analista, per Hovannisian questo successo «è probabile che sia il canto del cigno». La retorica filo-occidentale di “Heritage” in formato di un’agenda puramente economico per le elezioni della città non ha funzionato, e una coalizione di “Ciao, Yerevan” ha vinto, alla fine, solo sei seggi al Consiglio degli Anziani.

Tuttavia, i problemi interni della società armena continuano a rimanere all’ordine del giorno. Il deflusso di popolazione del paese diventa minaccioso. La popolazione chiede a gran voce un rinnovamento soprattutto da parte dei giovani. Pertanto, è probabile che le elezioni 2018 saranno completamente diverse, scenari molto più critici nei confronti di chi partecipa come candidato alle elezioni presidenziali. La sensazione è i vecchi schemi di nomina al potere sono in via di esaurimento, i giovani chiedono a gran voce una modernizzazione del Paese sia da un punto di vista politico che socio-economico cosa che i politici della “prima repubblica” non possono affrontare.

Anche per l’Azerbaijan potrebbe trattarsi di una “ultima volta”, le elezioni del 2013 potrebbero infatti essere l’ultimo tentativo per consolidare la “vecchia opposizione”, che da quasi venti anni sta a guardare, in un primo momento contrario di Heydar Aliyev e poi suo figlio, attuale presidente Ilham Aliyev. Il PPFA, “Musavat”, una serie di altre strutture di partito in questo periodo sono stati in grado di unirsi al Consiglio nazionale delle forze democratiche e persino eleggere una figura degna di un unico candidato da parte dell’opposizione: Rustam Ibragimbekova.

Tuttavia, ad oggi non è chiaro se Ibrahimbeyov si registrerà per candidarsi alle elezioni. Come in Armenia, anche in questo caso, quello che cambia non è il programma politico ma la classe dirigente. Non è infatti escluso proprio per una questione di nuovi equilibri di potere che il leader del “Musavat” Isa Gambar all’ultimo minuto decida di correre alle elezioni in modo indipendente. I programmi tuttavia sono molto simili: la lotta contro la corruzione, l’espansione della libertà dei media, questioni sociali.

Ma la cosiddetta “opposizione di rete”, che rappresenta poco noti gruppi di opposizione di giovani può rappresentare una minaccia molto maggiore per l’attuale amministrazione. Essi sono meno inclini ad accordi non ufficiali, più tecnologici, e sanno utilizzare i mezzi informatici per fare una buona comunicazione con le ambasciate dei paesi occidentali. Una risorsa importante per il futuro.

La vittoria di Ilham Aliyev per ora rimane scontata. Sarebbe decisiva e sostanziali se lo stesso presidente decidesse di sostituire alcuni politici con nuovi volti. 

Elezioni presidenziali a ottobre anche in Georgia. Unica situazione non in linea con il resto del Caucaso meridionale. Per tutto il 2013 vi è stato un contendersi del potere tra il presidente Mikhail Saakashvili e il primo ministro Bidzina Ivanishvili. Un contendersi che s esaurirà nel post elezioni. 

Va sottolineato che in questo caso chi vincerà non avrà come suo protetto l’avversario alle urne, una cosa non scontata per questa area del mondo quindi importante da osservare. Inoltre gli osservatori internazionali non credono molto alla promessa di  Ivanishvili  di lasciare la politica in caso di sconfitta. 

Altro attore in gioco in Georgia è il Movimento Nazionale Unito, di David Bakradze, che pur non avvedo la popolarità di Ugulava, sindaco di Tblisi o del ministro dell’Interno. Ma ha dalla sua che non è mai stato coinvolto in uno scandalo.

In questo contesto, la candidatura di George Margvelashvily attualmente ministro dell’Istruzione e Scienza, del governo di Ivanishvili sembra più promettente. Anche se il programma di Margvelashvily e Bakradze, come osservato da un senior fellow del Center for caucasica e regionali di sicurezza MGIMO Nicholas Silaev, non sono molto diverse.

La scelta del vincitore orienterà anche le scelte di politica estera, ovvero si saprà se la Georgia continuerà a vedere la sua integrazione verso strutture euro-atlantiche, ad economia liberale, inseguendo il “Sogno Georgiano” di SaaKashvili oppure sceglierà un riavvicinamento alla Russia.