VIETNAM. Il regime imbavaglia internet

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L’Assemblea Nazionale del Vietnam ha votato per l’approvazione di una nuova legge sulla sicurezza cyber, che secondo Amnesty International avrà conseguenze potenzialmente devastanti per la libertà di espressione nel paese asiatico.

Secondo una dichiarazione, rilasciata il 12 giugno da Amnesty International, la nuova legge conferisce ampi nuovi poteri alle autorità vietnamite, consentendo loro di costringere le società IT a consegnare grandi quantità di dati, comprese le informazioni personali, e a censurare i messaggi degli utenti. La legge conferisce al governo ampi poteri e aiuterà i funzionari governativi a monitorare le attività online. Internet è stata introdotta in Vietnam nel 1997, e da umili inizi il numero di utenti è salito a 49,7 milioni nel 2013 e poi a 55,2 milioni quest’anno, su una popolazione totale di circa 95 milioni, riporta Asia Times.

Nel 2022, il numero dovrebbe sfiorare i 60 milioni. In un paese in cui la stampa e i media sono strettamente controllati dal governo, Internet è diventato uno sbocco importante per notizie e opinioni alternative. L’anno scorso le autorità hanno arrestato più di 21 blogger e altri attivisti accusati di “reati contro la sicurezza nazionale”; gli arrestati poi sono stati condannati a lunghe pene detentive, alcune delle quali fino a 14 anni.

La nuova legge renderà i controlli ancora più severi di quanto non lo siano ora: impedisce agli utenti di organizzare, incoraggiare o formare altre persone per “scopi anti-statali”. Gli utenti non possono, secondo la legge, «distorcere la storia, negare i risultati rivoluzionari del paese, minare la solidarietà nazionale, offendere le religioni e discriminare sulla base del genere e della razza».

La legge vieta, inoltre, la diffusione di «informazioni inesatte che causino confusione tra le persone, danneggino le attività socio-economiche, creino difficoltà alle autorità e a coloro che svolgono il loro dovere (…) Le imprese private saranno inoltre tenute a fornire i dati degli utenti al ministero della Sicurezza pubblica».

Maddalena Ingrao