VENEZUELA. Il TSJ ribalta la sentenza

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La più alta corte in Venezuela ha ribaltato il 1° aprile due sentenze con cui aveva ridotto i poteri del parlamento, e che avevano scatenato le proteste e le accuse di “dittatura” contro il governo di Nicolás Maduro.

La Corte Suprema, Il Tsj, aveva stabilito che la corte costituzionale avrebbe assunto il ruolo del Parlamento, considerando che questo corpo politico “disprezza” le regole per non aver espulso tre dei suoi membri accusati di compravendita di voti.

Inoltre, la Corte aveva limitato l’immunità parlamentare aprendo la possibilità di perseguire o imprigionare i deputati dell’opposizione, la maggioranza della Camera.

«Per quanto riguarda il punto in cui la Corte Costituzionale dice che i poteri parlamentari sono esercitati direttamente da essa (…) questo contenuto è stato rimosso», ha detto la Corte Suprema in una dichiarazione televisione alla televisione di stato, Vtv. «E chiarisce ufficialmente la Sentenza n 155 del 28 marzo 2017, per quanto riguarda l’immunità parlamentare. Tale contenuto viene eliminato», ha poi aggiunto. Queste decisioni disattivano gli allarmi: l’opposizione l’aveva definito un “golpe”, l’Osa aveva programmato una riunione di emergenza il 3 aprile, e in diversi paesi si temeva per il contraccolpo.

Le proteste hanno anche aperto le divisioni all’interno dell’amministrazione Maduro: il procuratore generale, Luisa Ortega aveva criticato le sentenze della Corte, dicendo che si trattava di una «rottura dell’ordine costituzionale». La reazione di Ortega aveva causato la convocazione da parte di Maduro del Consiglio di Difesa, il massimo organo consultivo del paese per chiedere al giudice di rivedere la sua decisione al fine di «mantenere la stabilità costituzionale».

Qualunque cosa accada, l’Assemblea nazionale sarebbe ancora bloccata nella sua attività dal Tsj  che gli ha impedito di approvare leggi nel 2016 accusandola di “oltraggio”.

La sentenza incriminata è incorporata in una decisione più ampia che permette a contratti petroliferi di joint venture di essere firmati senza l’approvazione del Parlamento, come previsto dalla legge.

Guardando alla necessità di soddisfare i pagamenti dei debiti, la Pdvsa avrebbe dovuto vendere alla Rosneft parte della sua partecipazione nella joint venture Petropiar, ma Pdvsa era certa che il parlamento avrebbe rifiutato l’offerta.

Graziella Giangiulio