Vale più la difesa del diritto di autore o la difesa dei diritti dei singoli cittadini?

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Le associazioni per la libertà della Rete lanciano l’allarme: le lobby degli Stati Uniti stanno approfittando del momento socio-economico poco propizio per incentivare l’approvazione di norme sempre più favorevoli alla tutela dei diritti di autore ed editore.

I rappresentanti di diversi Paesi stanno negoziando a Dallas, nella seconda metà di maggio, un nuovo accordo commerciale Asia-Pacifico il Tppa (Trans-Pacific Partnership Agreement), finalizzato alla creazione e all’applicazione di nuovi standard per brevetti e copyright. Il trattato ha molto in comune con il precedente accordo anticontraffazione Acta, sottoscritto da 22 Paesi dell’Unione Europea (Italia inclusa), nonché da Australia, Canada, Stati Uniti, Giappone, Corea del Sud, Singapore, Marocco e Nuova Zelanda. A sollevare polemiche ed effettive controversie il Cepd (Controllore Europeo per la Protezione dei Dati) che ha ribadito in un rapporto il pericolo e la minaccia per la libertà e la privacy degli utenti in caso di applicazione scorretta. «I confini di queste norme non sono stati precisati» lamenta il Cepd, «bisogna mettersi in guardia da una sorveglianza generalizzata ed indifferenziata sul comportamento degli attori virtuali nel web e delle loro comunicazioni elettroniche». L’accordo anticontraffazione è stato rinviato alla Corte europea di Giustizia affinché valutasse e salvaguardasse la compatibilità con i diritti fondamentali dell’Ue.

Ma ecco affiorare il nuovo e segreto trattato commerciale. Il Tppa è finalizzato a rimuovere tariffe doganali e quote d’importazione per facilitare il commercio e gli investimenti nella regione Asia-Pacifico. L’accordo è stato proposto dagli Usa e il presidente Obama spera di concludere le trattative entro la fine dell’anno. Le norme più pericolose sembrano essere quelle per la Rete, qui intesa come spazio commerciale per produzione e vendita di beni, servizi e merci. Grazie ad alcuni documenti riservati messi in Rete mesi fa, l’Electronic Frontier Foundation ha diffuso la notizia che i promotori del Tppa vogliono allungare la durata temporale del copyright: fino a 120 anni per opere creative di proprietà aziendale, nonché 70 anni di tutela dalla morte dell’autore per opere individuali. A non mancare è inoltre il divieto per l’importazione di merci senza l’autorizzazione dei titolari dei marchi e per la riproduzione temporanea di qualsiasi opera; misura che appare alquanto singolare visto che il Wipo, l’organizzazione specializzata delle Nazioni Unite, non vieta le riproduzioni temporanee se prive di contenuto economico o facenti parte di un procedimento tecnico. David Campbell, presidente del Partito Pirata australiano sostiene che le norme impartite dall’accordo potrebbero impedire all’utente di usare i media che preferisce: «Con l’acquisto di un nuovo Ipod, l’utente non potrà più accedere alla collezione di musica preesistente con il nuovo apparecchio, ma dovrà pagare la licenza una seconda volta». Inoltre una qualsiasi compagnia straniera potrà far pressione su provider locali per bloccare direttamente contenuti o raccogliere informazioni su clienti sospetti, compromettendo la privacy del cittadino e senza dover ricorrere ad un mandato del giudice.

Il Public Knowledge, ente no-profit, ha lanciato un appello al governo americano: «Un accordo commerciale del ventunesimo secolo deve tutelare non solo gli interessi di produttori e distributori di contenuti, ma anche tutte le aziende tecnologiche i cui prodotti sono usati per copiare, immagazzinare, usare e riutilizzare le opere sotto copyright». Una protezione così eccessiva potrebbe creare un grave danno alla libertà d’innovare, indebolendo le capacità commerciali di tali compagnie, oltre a gravare economicamente sugli stessi Stati firmatari. L’Europa al momento rifiuta l’accordo.