USA. Un Falco al Pentagono. Si prepara una guerra con Teheran?

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La brusca decisione del Presidente degli Stati Uniti Donald Trump di licenziare il suo Segretario della Difesa Mark Esper e di sostituirlo con il falco Christopher Miller, a capo del National Counterterrorism Office e prima ancora del programma “operazioni speciali” del Pentagono, ha suscitato nei media statunitensi e in Iran il timore che Trump stesse preparando una guerra con l’Iran prima della sua prevista partenza dalla Casa Bianca il 20 gennaio.

«Gli Stati Uniti non cercano una guerra con l’Iran… Noi cerchiamo una soluzione diplomatica», aveva detto Esper all’inizio del 2020; apertura contraddetta dall’affermazione di Trump che il generale iraniano Ghasem Soleimani, assassinato dagli Stati Uniti, tramava attacchi contro quattro ambasciate statunitensi in tutto il mondo, riporta Asia Times.

Esper ha anche tenuto testa a Trump, che ha minacciato di spazzare via i centri culturali iraniani, dichiarando apertamente che il Pentagono non aveva simili piani di bombardamento. Con la scomparsa di Esper e la sua sostituzione con un nuovo segretario alla Difesa in carica nei ultimi mesi della presidenza di Trump, si potrebbe preparare il terreno per una guerra tra Stati Uniti e Iran, alla luce delle notizie del Dipartimento di Stato americano che prevede nuove sanzioni contro l’Iran nei prossimi giorni.

La presenza di Trump potrebbe essere rafforzata se gli Stati Uniti si trovassero improvvisamente in stato di guerra nelle prossime settimane, creando una situazione di emergenza che Trump potrebbe sfruttare a suo vantaggio come “presidente in tempo di guerra” per poi andarla a usare per evitare di essere allontanato dalla Casa Bianca.

Già Nancy Pelosi, presidente Democratico della Camera dei Rappresentanti, ha avvertito tra l’altro che la minacciosa decisione di Trump di licenziare improvvisamente Esper e di sostituirlo, non con il vice di Esper, come è la norma, ma con un “falco” di un altro dipartimento ha il potenziale per rompere una “transizione di potere” a Biden che ora è ampiamente data per scontata dai Democratici.

Da parte iraniana, il presidente Hassan Rouhani ha reagito alla vittoria di Biden inviando un messaggio conciliante che sottolinea la determinazione dell’Iran ad avere un rapporto costruttivo con la comunità internazionale, invitando contemporaneamente gli Stati Uniti a onorare i loro obblighi internazionali tornando all’accordo nucleare con l’Iran, che Trump ha abbandonato con il confronto.

Di fronte all’imminente prospettiva di un’inversione della sua storica politica conflittuale nei confronti dell’Iran, Trump potrebbe cercare di frustrare la previsione di Biden che l’era della demonizzazione dell’Iran finirà il 20 gennaio con la sua nomina a presidente.

A preoccupare, riporta At, sono anche le posizioni politiche dei maggiorenti repubblicani: Mitch McConnell, importante senatore repubblicano, ha deciso di appoggiare l’accusa di Trump di frode elettorale sistematica, dando così a Trump un grande impulso nella sua battaglia per negare il risultato elettorale.

McConnell e gli altri lealisti di Trump dentro e fuori per istituzioni statunitensi si affretterebbero, naturalmente, a difenderlo in qualsiasi potenziale confronto con l’Iran, che quasi certamente non sarà il risultato di alcuna provocazione iraniana nel corso della transizione da Trump a Biden.

La sensazione che si sta avendo è che si stanno muovendo delle pedine per far deflagrare la crisi.

Lucia Giannini