Un americano sul trono del Pavone?

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USA – New Brunswick. Hooshang Amirahmadi, professore di diritto pubblico alla Rutgers University, ha annunciato la sua candidatura alla presidenza iraniana nel 2012.

Il suo annuncio un po’ donchisciottesco lo ha portato a raccogliere fondi da New York alla California a Dubai e, infine, in Iran.
Amirahmadi, 65 anni, ha vissuto negli Stati Uniti per 40 anni. Si è sposato qui, ha messo su famiglia in New Jersey, ma sente il dovere di candidarsi alle elezioni in Iran per porre fine al conflitto che vivono tutti i fuoriusciti iraniani negli Usa. Mahmoud Ahmadinejad, rieletto nel 2009, non potrà partecipare alle elezioni. Amirahmadi ha fondato l’Iranian-American Council e, per anni, ha iniziato a lavorare per appianare le relazioni diplomatiche tra i due paesi. Si è insomma mosso dietro le quinte, e la sua candidatura parte da lontano. Anche per lui, come per tutti i candidati presidenziali,  vige l’approvazione del leader supremo Ali Khamenei. La sua cittadinanza americana, le sue convinzioni politiche, Amirahmadi è per un governo base sul “razionalismo” piuttosto che sulla religione, lo possono immediatamente mettere fuori giunco. Il capo del Consiglio dei Guardiani, l’ayatollah Ahmad Jannati, ha detto che le elezioni iraniane sono le «più libere del mondo» e che i candidati saranno scelti in conformità con la legge, senza pregiudizi. Nonostante le difficoltà, Amirahmadi è convinto di ottenente l’approvazione. Ha parlato con i membri del Consiglio della presidenza iraniano, ma non con la Guida suprema. È sicuro che i suoi anni di lavoro negli Stati Uniti e in Iran, dove va almeno una volta all’anno e in cui ha lavorato per vari progetti, gli possano garantire l’assenso di Khamenei. Il professore è convinto di avere «la migliore possibilità di riunire Stati Uniti e Iran». Ritiene che la maggior parte dei problemi tra l’Iran e gli Stati Uniti possano essere risolti attraverso la diplomazia e il ripristino della fiducia reciproca. Le relazioni diplomatiche tra gli Stati Uniti e l’Iran sono ferme dalla rivoluzione del 1979 e dalla crisi degli ostaggi. «Non credo che il problema sia l’arricchimento nucleare», ha detto Amirahmadi. «Il problema è la mancanza di fiducia», ha poi aggiunto.
Amirahmadi ha girato il mondo, cercando di raccogliere fondi e voti sicuri tra i fuoriusciti, in un gruppo che potrebbe votare alle elezioni iraniane .
resta però la difficoltà di creare un blocco compatto in una grande comunità multiforme, sparsa in tutto il mondo.