TURCHIA. Se Erdogan finisse i soldi, cosa accadrebbe in Turchia?

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Nel 2020 la questione relativa alla circolazione del denaro in Turchia potrebbe giocare un ruolo molto importante nel far venire fuori le crepe del regime dell’Akp.

I turchi stanno scoprendo che il denaro è finito e questo fatto sta facendo emergere il malumore per altre questioni.

Come riporta Ahval, l’elemento che ha caratterizzato la politica turca dal 2013 è stato il crollo della stabilità economica del Paese. Il Partito Giustizia e Sviluppo è stato in grado di riguadagnare la sua credibilità riparando l’economia in qualche modo e prevenendo più volte le crisi economiche; ma nel 2020, sembra che le possibilità siano finite.

La ricerca della ricchezza di idrocarburi nel Mediterraneo orientale è una delle grandi idee dell’Akp per uscire dall’impasse così come le rivendite statali di alimenti di base sovvenzionata, ma resta profondamente colpito il settore manifatturiero e l’occupazione che ne deriva. Erdogan, quindi il Partito, sta facendo il testimonial di tutti prodotti “made in Turkey”, ad esempio dalle automobili al gas. La disoccupazione giovanile si aggira ancora intorno al 28 per cento, e il governo non sta facendo nulla per affrontare questo problema.

Recep Tayyip Erdogan quando i soldi finiranno, cercherà di distogliere l’attenzione puntando su questioni in altri settori. Erdogan deve andare alle urne con un racconto credibile sull’economia. Qualsiasi segnale di crisi farebbe il gioco degli avversari come Ali Babacan, l’ex vice primo Ministro dell’Akp che l’anno scorso ha lasciato il partito per formare un movimento politico rivale; per non parlare del Chp che gli ha strappato Istanbul.

Ma cosa accadrebbe se il Sultano non fosse in grado di presentare una ripresa economica: in Erdogan potrebbe accettare una politica pragmatica e la perdita controllata del suo potere per tornare ad un sistema di governo più parlamentare; oppure comprendendo di non essere in grado di rivitalizzare l’economia, potrebbe imporre un regime più stringente; rischiando di franare come ha fatto a Istanbul.  

La recente politica estera di Erdogan in Asia come nel Mediterraneo potrebbe essere letta anche come l’avvisaglia di una manovra di “distrazione” dalla crisi interna. La Turchia ha vissuto numerose e gravi crisi economiche dal termine della secondo conflitto mondiale, ma non è mai stato un paese povero: nel giugno 2019, i turchi avevano 200 miliardi di dollari in conti bancari. I turchi, come si può vedere da diverse fonti, si sono abituati a uno stile di vita occidentale e più ricco degli altri paesi limitrofi; se si taglia all’improvviso questo stile di vita, i turchi, comprensibilmente protesteranno.

Inoltre, la Turchia è divisa in due temi come modernità, Islam e laicità. Come in Occidente, quasi tutti si dicono cristiani anche se poco (o nulla) frequentanti,  quasi tutti i turchi sono in qualche modo religiosi, ma la metà crede che religione e politica debbano essere sempre separate.

La dinamica base della società turca è uno stile di vita intrinsecamente laico vissuto della nuova generazione di turchi. 

I problemi causati nel Paese da attori politici “religiosi” hanno provocato una reazione dei giovani contro la religione, e la loro mancanza di rispetto per le cause islamiste sembra essere duratura. Su questo campo, Erdogan e l’Akp potrebbero trovare avversari in grado di metterli in difficoltà.

Antonio Albanese