TURCHIA. Il Cesarismo di Erdogan fa crollare l’economia e la sua popolarità

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Non tutto sembra roseo per Recep Tayyip Erdoğan: i problemi economici turchi si accumulano uno sull’altro.

A novembre, il tasso di inflazione nel Paese è salito al 14,03%, 1,5 punti in più rispetto al livello previsto e un massimo di 15 mesi. Gli ultimi dati riflettono un aumento del 2,3% dei prezzi al consumo mensili, e, minacciosamente, gli aumenti di prezzo più significativi sono quelli relativi ai generi di prima necessità quotidiana come i generi alimentari, le bevande analcoliche e i trasporti, riporta The Conversation.

Nel frattempo, il Paese sta vivendo un’altra crisi: la svalutazione della valuta. La diminuzione del valore della lira turca non è una novità, ma il declino è stato particolarmente drammatico quest’anno, poiché la lira ha raggiunto i minimi storici contro le principali valute: dall’inizio del 2020, la moneta ha perso quasi il 30% rispetto al dollaro e più del 30% rispetto all’euro.

In risposta, Erdoğan ha licenziato Murat Uysal, vertice della banca centrale turca, e suo genero, Berat Albayrak, si è inaspettatamente dimesso da ministro delle Finanze. Anche se la lira si è leggermente ripresa dopo questi sviluppi, la moneta rimane in stasi. Tra le cause delle difficoltà economiche della Turchia, c’è la politica estera. Le ambizioni aggressive, e costose, di Erdoğan, che mirano a far diventare la Turchia una potenza regionale, sembrano essere state corroborate in modi che stanno minando la fiducia degli investitori.

Recentemente la Turchia ha perseguito in modo aggressivo l’espansione dei suoi confini marittimi a spese della Grecia e di Cipro attraverso un accordo con una delle parti in guerra nella guerra civile libica; Erdoğan è ansioso di fermare la costruzione di un oleodotto congiunto greco-israeliano e cipriota, nonché di prendere fondali marini rivendicati da quei paesi ricchi di idrocarburi. Ma la postura della Turchia ha sollevato parecchie critiche e ha creato una controversia con la Francia.

Nel frattempo la Turchia è stata coinvolta nel conflitto del Nagorno-Karabakh, prendendo le parti dell’Azerbaigian nel conflitto con l’Armenia.

A peggiorare le cose, il controverso acquisto da parte della Turchia del sistema aereo russo S-400 la scorsa estate e il collaudo del sistema in ottobre hanno suscitato un forte rimprovero da parte degli Stati Uniti, con un funzionario del Dipartimento di Stato che ha detto che “le sanzioni sono sul tavolo”.

Inoltre, c’è stato il pesante coinvolgimento di Ankara in Siria e Libia. Questo coinvolgimento non solo si è rivelato finanziariamente costoso, ma ha contribuito ulteriormente all’immagine della Turchia come partner imprevedibile e ha portato a un ulteriore isolamento dagli Stati Uniti e dall’Ue, con i quali la Turchia aveva precedentemente cercato di stringere legami.

Questa politica estera assertiva costituisce una pietra miliare delle aspirazioni neo-ottomane di Erdoğan per la Turchia nella regione. Accoppiate a una pesante retorica nazionalista, queste azioni sono anche usate per aumentare la legittimità interna del presidente turco e aumentare la sua popolarità presentandosi come il restauratore della grandezza nazionale; ma l’economia ha pagato il prezzo. Le ambizioni regionali di Erdoğan stanno mettendo a dura prova un’economia che sta anche lottando per far fronte alla crisi da Covid-19. Le sue azioni portano un’ulteriore imprevedibilità che i mercati, dato che l’economia turca dipendente dal capitale straniero, non gradiscono.

Il cattivo stato dell’economia turca rappresenta una seria minaccia per Erdoğan, con il 78% delle persone in Turchia che, secondo un recente sondaggio Metropoll, ritiene che la situazione economica del paese stia peggiorando e la popolarità del governo e di Erdoğan sono calate drasticamente.

I sondaggi di ottobre hanno evidenziato che l’Akp ha ottenuto solo il 28,5% di sostegno nelle intenzioni di voto del Parlamento e a novembre i sondaggi hanno mostrato che meno della metà ha approvato le prestazioni di Erdoğan.

Luigi Medici