Turchia – Usa -Israele: guerra di spie

68

TURCHIA – Ankara 19/10/2013. Il direttore dei servizi d’intelligence turchi è al centro di una serie di attacchi concentrici portati da alcuni media statunitensi che ne mettono in discussione l’affidabilità.

Due articoli apparsi tra il 10 e il 16 ottobre  rispettivamente sul The Wall Street Journal dal titolo “Turkey’s Spymaster Plots Own Course on Syria”, e sul Washington Post dal titolo “Turkey blows Israel’s cover for Iranian spy ring” prendono di mira Hakan Fidan, direttore del Milli Istihbarat Teskilati (Mit), l’agenzia di intelligence della Turchia per i suoi contatti con l’Iran. Nel primo articolo si afferma che la nomina di Fidan al vertice dei servizi di intelligence della Turchia nel 2010, sia stata accolta con diffidenza a Washington e in Israele «a causa del suo ruolo nel plasmare la politica turca verso l’Iran (…) La tensione è stata aggravata nel 2010, quando la Cia ha iniziato a sospettare che il Mit passasse informazioni, comprese le valutazioni classificate degli Stati Uniti sul governo iraniano, a Teheran». Secondo il Wsj, Fidan sarebbe stato l’ideatore dell’a fornitura di armi ai gruppi radicali islamici che combattono il regime di Bashar al-Assad in Siria.

L’articolo del 16 ottobre sul Washington Post si sostiene che Fidan aveva passato a Teheran informazioni su una rete israeliana di spionaggio in Turchia composta da iraniani.

Al momento della nomina di Fidan nel 2010, Haaretz pubblicava le preoccupazioni dell’establishment della difesa israeliano per le implicazioni scaturite dai legami della Turchia con l’Iran. Le preoccupazioni erano di due tipi: «Da un lato , che lo scambio di informazioni tra i due paesi avrebbe potuto essere danneggiato, e, dall’altro, che Israele dovesse limitare il trasferimento di informazioni verso la Turchia visto il rischio di trasmissione a organizzazioni o stati nemici».

I due articoli possono essere considerati come una condivisione delle stesse preoccupazioni tra Washington e Gerusalemme. In una conferenza stampa del 17 ottobre, il ministro degli Esteri turco Ahmet Davutoglu, da parte sua , ha affermato che le notizie erano false. Davutoglu ha aggiunto che gli articoli erano «interessanti in termini di contenuti e di tempistica», ma non ha detto di più.

Per Davutoglu, le accuse dimostrano quanto bene stia lavorando Fidan, definendo le accuse come “diffamazioni”.  Nulla indica, al momento, che i legami di intelligence turco-statunitensi siano comprmessi: continuano ad esserci contatti ad alto livello tra le agenzie di intelligence degli Stati Uniti e della Turchia e Fidan era presente durante l’incontro tra Erdogan e il presidente Barack Obama nello Studio Ovale nel maggio 2013.Le speculazioni sugli articoli e su chi li abbia suggeriti fornendo adeguato  “contenuto e la tempistica”, per dirla come Davutoglu, sono diffuse ad Ankara poiché i servizi del The Wall Street Journal e del Washington Post sono presi sul serio in Turchia. Comunemente si pensa che Washington e Israele stiano facendo pressione sulla Turchia contro Fidan attraverso i media, soprattutto per la politica turca nei confronti della Siria che intende cacciare Assad con mezzi “militari” e non portarlo al tavolo delle trattative come intendono fare Usa e Russia. 

Ankara e Teheran, però, sono su fronti contrapposti sulla Siria, il che rende la cooperazione di intelligence tra i due paesi assai improbabile, e le accuse a fidan sarebbero generate da vecchi scenari geopolitici, quindi. Se l’obiettivo fosse quello di fare pressione su Erdogan perché si sbarazzi del suo “capo delle spie”, rendendo impraticabile una sua permanenza in caricak, si tratta di un piano destinato a fallire. Erdogan considera Fidan il custode dei suoi segreti politici più intimi e lo ha detto apertamente.Lo ha difeso  in passato dalle accuse di aver incontrato i vertici del Pkk (fatto avvenuto dietro indicazioni del governo) e lo difenderà fino alla fine. Probabilità diversa di riuscita, non confermabile, è quella di voler frenare le attività di Fidan in Siria, ma anche questa ipotesi è prematura.