TUNISIA. Tunisi ribolle per il malcontento

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Il principale partito di opposizione tunisino ha lanciato altre manifestazioni di protesta contro il bilancio statale 2018, che prevede aumenti dei prezzi e delle tasse. L’opposizione ha chiesto che le proteste continuino fino a quando il governo non abbia eliminato le misure impopolari. Il ministero degli Interni ha detto che 44 persone sono state arrestate per aver portato armi da fuoco e coltelli nelle manifestazioni e aver saccheggiato i negozi.

L’8 gennaio sono scoppiate una serie di proteste in più di 10 città di tutta la Tunisia contro gli aumenti dei prezzi e delle tasse, imposti dal governo per ridurre il suo deficit e soddisfare i creditori internazionali; nelle proteste un manifestante è stato ucciso a Tebourba, ad ovest di Tunisi. Nonostante la Tunisia sia considerata l’unico successo democratico della “primavera araba” del 2011, da allora ha avuto nove governi e nessuno è stato in grado di affrontare i crescenti problemi economici del paese. Alla fine dello scorso anno, l’attuale governo in carica ha approvato un programma quadriennale di prestiti con il Fondo Monetario Internazionale per un valore di circa 2,8 miliardi di dollari in cambio di riforme economiche, riporta Defence Web.

Dal 1° gennaio, il governo ha innalzato il prezzo della benzina e di altri beni e le tasse su automobili, telefonate, internet e alloggio alberghiero. Per l’opposizione, il governo ha ingiustamente preso di mira i poveri e le classi medie con le sue misure di austerità. Il primo Ministro Youssef Chahed ha chiesto calma, dicendo che l’economia sarebbe migliorata quest’anno. Chahed, che guida un’alleanza di partiti islamisti e laici, sotto la costante pressione dei sindacati, ha detto che le manifestazioni erano accettabili, ma la violenza non lo era: «La gente deve capire che la situazione è straordinaria e il loro paese sta incontrando difficoltà, ma crediamo che il 2018 sarà l’ultimo anno difficile per i tunisini». Il governo afferma di voler ridurre la spesa salariale del settore pubblico al 12,5 per cento del prodotto interno lordo nel 2020, rispetto al 15 per cento attuale, offrendo licenziamenti volontari; cerca anche di imporre prezzi più elevati del petrolio e contributi alla sicurezza sociale, difficili da accettare dopo anni di difficoltà. 

La rivolta del 2011 e due importanti attacchi terroristici in Tunisia nel 2015 hanno danneggiato gli investimenti stranieri e il turismo, che rappresenta l’8% dell’attività economica. Il disavanzo commerciale è aumentato di un quarto nei primi 11 mesi del 2017, raggiungendo il record di 5,8 miliardi di dollari, stando ai dati di dicembre, e il dinaro si è indebolito.

Lucia Giannini