Tunisia: è tempo di staccare la spina

193

TUNISIA – Tunisi 12/08/2013. Dall’omicidio del coordinatore generale del Movimento Popolare, Mohammed Brahmi, nonostante Ennahda abbia chiamato il corpo politico all’unità nazionale, la realtà dei fatti ha dimostrato che il suo appeal sull’elettorato è svanito, scrive il settimanale tunisino Business Week, pagina tunisina dell’omonima pubblicazione internazionale.

Molti tunisini sono scesi spontaneamente in piazza il 25 luglio per mostrare la loro indignazione e rabbia per l’omicidio politico di Brahmi e per chiedere le dimissioni del governo, ritenuto incompetente e incapace di garantire la sicurezza dei cittadini. Di fronte a questi movimenti spontanei, i governanti ha preferito la salvaguardia della propria legittimità, si legge su Business Week. Così, i movimenti popolari spontanei sono stati violentemente repressi dalle forze dell’ordine con l’appoggio di contro-manifestazioni delle “Leghe per la protezione della rivoluzione”. La violenza della polizia contro i cittadini è stata tale che alcuni parlamentari si sono ritirati dalla Costituente nazionale (Nca) e hanno tenuto un sit-in a Bardo. I discorsi fatti da vari membri del partito di governo,  prosegue il giornale, così come dai membri della troika e anche dal presidente stesso hanno descritto i manifestanti come golpisti e contro-rivoluzionari, minacciandoli di reazioni di polizia sempre possibili.

Rachid Ghannouchi ha minacciato quanti richiedono lo scioglimento del Nca «una linea rossa da non superare». Ha poi detto: «Rimaniamo, però, aperti a qualsiasi scambio e qualsiasi approccio che garantisca la sicurezza e la stabilità nel paese». Andando ben oltre il suo ruolo politico, Sahbi Atig, 12 giorni prima dell’assassinio di Brahmi, aveva chiesto l’uccisione di «qualsiasi persona che calpesta la legittimità in Tunisia» e ha dato il via libera al popolo tunisino di «fare ciò che vuole con queste persone fino a versarne il sangue». Il presidente ad interim Moncef Marzouki si è scagliato contro il sit-in a Bardo, mentre stava tenendo un discorso ai funerali dei soldati caduti vittime del terrorismo. Questi discorsi, pieni di minacce e intimidazioni, sono ormai comuni tra i governanti, invece di fare appelli alla calma, prosegue il settimanale. Ma la presa sulal  piazza per Ennhada è svanita: il 7 agosto, il partito ha chiamato a raccolta i suoi per un raduno di protesta di almeno un milione di persone (milyouniya) per sostenere la “legittimità” postrivoluzionaria. Tuttavia, nonostante il fatto che il ministero dei Trasporti abbia offerto autobus pubblici gratis per i manifestanti Ennhada è riuscita a mobilitare solo 15mila persone , secondo il Ministero degli Interni, con grande disappunto dei suoi organizzatori. Sono dati contestati dagli islamisti e dai canali vicini al partito di governo, che cita tra le 150.000 e le 200.000 persone. Questo balletto avviene nonostante il fatto che la superficie della piazza scelta, Kasbah, non possa ospitare più di 50mila persone al massimo, cifra comunque non raggiunta.

Il fatto che il partito di governo abbia reagito in modo molto diverso per il terzo omicidio politico e, invece di placare gli spiriti dimettendosi, come già ha fatto Hamadi Jebali, dopo l’assassinio politico di Chokri Belaid e, come accade altrove quando c’è una grande crisi politica, -dimostra che ormai si è di fronte ad un animale ferito in agonia: il partito al governo sta lottando per stare in piedi facendo ricorso ad una eccessiva repressione, per non parlare dei presunti attacchi terroristici effettuati da al-Qaeda.

Così, l’amara sconfitta del partito islamico, alla luce dei discorsi dei leader e del fallimento del “milyouniya”, che a malapena ha mobilitato il 2% dei manifestanti legittimisti attesi, proclamano la morte clinica del partito islamico in Tunisia, cui occorre solo staccare la spina.