Suez e il gas Mediterraneo

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ITALIA – Roma 03/12/2013. Gli sconvolgimenti politici avvenuti nel badino del Mediterraneo hanno fatto rileggere sotto una nuova luce le contrapposizioni che da tempo infiammano la regione tanto che la guerra in Siria è stata descritta dai media occidentali come la “prima guerra del gas in Medio Oriente”, e la disputa israelo-libanese è stata vista in chiave gasifera per la delimitazione dei due giacimenti di gas situati tra i contendenti. Al Hayat pubblica una interessante lettura regionale delle contrapposizioni gasiere dell’area e il ruolo del Canale di Suez nell’area.

Il quotidiano inizia dalla definizione del confine maritino tra l’Egitto e la Grecia in contrapposizione alla Turchia. La distanza più breve tra l’Egitto e la Turchia è la linea 274 (507,5 km) che collega l’egiziana Baltim Beach all’arcipelago Çavuşköy; si tratta di una distanza più corta di 59,3 Km rispetto a quella più breve tra Cipro e la Grecia. Recentemente (autunno del 2013), Egitto e Grecia hanno istituito una commissione bilaterale per la delimitazione della frontiera marittima. Se nella parte orientale del Delta del Nilo, camion turchi passano quasi gratuitamente da una parte all’altra, causando al Canale di Suez una perdita annua di un miliardo di dollari; a ovest, l’Egitto cerca di delineare i suoi confini con la Grecia in un atto di sfida contro la Turchia, anche se questo fatto comporta ad uno spreco di acqua e di ricchezza petrolifera in Egitto. Per quanto riguarda il giacimento di gas est di Damietta, la perforazione israeliana dei campi Leviathan e Afrodite comporta la definizione della sicurezza delle rotte di esportazione del gas. La costruzione di un oleodotto di esportazione di gas verso Cipro e la Grecia richiederebbe
l’espropriazione delle acque territoriali egiziane adiacenti alla Turchia, oltre alla costruzione di un gasdotto il cui punto di estrazione stia tra i 4.000 a 6.000 metri di profondità. Alla fine del 2012, la Commissione europea (Ce), prosegue il giornale, affronta i progetti per trasportare il gas del Mediterraneo orientale: gas da Cipro e Israele, passando da Cipro (nella foto i campi gasiferi ciprioti) verso Creta e da lì verso l’Europa, trasformando gran parte del gasm del Mediterraneo in energia elettrica a Cipro, per poi portarla con un cavo elettrico verso Creta, Grecia e Italia; l’installazione di una rete elettrica che collega Creta e l’Egitto per esportare elettricità in Egitto. Nell’estate del 2013, la Ce ha annunciato che avrebbe finanziato due progetti: il gasdotto di Cipro verso Creta e la costruzione di un impianto di liquefazione del gas a Cipro. La Commissione non ha mai indicato che le condotte tra Cipro e la Grecia sarebbero passate attraverso acque territoriali egiziane, che però ha richiesto un accordo per consentire il passaggio ai confini. Nell’autunno del 2013, la presidente della sottocommissione per il Medio Oriente del Congresso statunitense ha annunciato che gli Usa preferivano il progetto del gas israeliano e cipriota verso Europa attraverso la Grecia. Scatenando una serie di illazioni geopolitiche a volte fantasiose che però lasciano la questione aperta. Al Hayat passa poi al gas da Israele. Nel 2005 la produzione di gas naturale in Egitto registrò un surplus di grandi dimensioni; accanto a quello esportato in Israele e Giordania, l’Egitto aprì due impianti per la liquefazione del gas naturale destinato all’esportazione: quello Segas (Spanish Egyptian Gas Company, valore 1,3 miliardi di dollari) di Damietta, e  quello della Egyptian Liquefied Natural Gas Company di Idku (2 miliardi di dollari). Alla fine del 2005, l’Egitto si classificò 13° tra i maggiori produttori di gas liquefatto al mondo , con riserve accertate stimate dal ministero del Petrolio di 1.931 miliardi di metri cubi. L’evaporazione delle riserve d’Egitto fu poi rapidissima: nel 2006 per mantenere i due impianti di liquefazione l’Egitto fu costretto a ridurre il consumo di gas dal 98 % al 38 % .Nel 2008 il tasso di consumo di gas naturale in Egitto si attesta a 56 miliardi di metri cubi, rimasto pressoché invariato fino al 2013. Essendo le riserve sufficienti, perché l’Egitto è ora importatore di gas, si chiede il giornale. Dall’inizio del 2013, i funzionari egiziani hanno pubblicamente detto che l’unica soluzione per Israele per esportare il gas di Leviathan è Damietta, dove c’era un impianto di liquefazione fuori servizio data la mancanza di gas. Leviathan probabilmente salverebbe l’Egitto da una causa intentata dagli spagnoli di Unión Fenosa, la società che possiede l’impianto, perché l’Egitto rispetterebbe il contratto per alimentare l’impianto. Tuttavia, si è dimenticato che Israele non accetterà mai di usare Damietta perché includerebbe un implicito riconoscimento da parete di Israele che Leviathan è più vicino a Damietta rispetto a qualsiasi altra regione del Mediterraneo, mettendone in discussione la paternità. Poiché la regione del Mediterraneo orientale è emersa come uno dei maggiori centri di produzione di gas, dopo il 2005, l’importanza dell’Asse del Canale di Suez è emersa prepotentemente. neo trasporto di merci e di gas. Gamal Mubarak aveva “affittato” la gestione dei due ingressi del canale alla società britannica P & O e alla danese Maersk. Il governo puntualizzava in quattro elementi chiave il progetto dell’Asse:

1 . Ingresso meridionale. Il suo porto principale di al- Sukhna è stato affittato per 49 anni, a partire dal 2008, alla British Peninsular and Oriental Steam Navigation Company (P & O), il cui nome fu cambiato in Dubai Ports World.

2 . Ingresso settentrionale . Il suo porto principale, Porta Ovest di Port Said, è stato affittato per 49 anni, a partire dal 2009, alla Maersk, con la mediazione del Qatar.

3 . Golfo nord – ovest di Suez. Questa zona è “morta”, perché l’Egitto ne ha concesso ampie parti a imprese cinesi che non sembrano interessate a prendere parte a progetti nella zona speciale, pur essendo interessati al sito. L’Egitto non può recuperare queste terre e la Cina non farà nulla.

4 . Valle della tecnologia. Oggi sinonimo di fallimento intellettuale. Così, con i due contratti di locazione la zona non sarà attiva per l’economia del Cairo.

Ci sono progetti che competono con il Canale di Suez , come la Strada del Mare del Nord, inaugurata dalla Russia tre anni fa nell’Artico, funzionante solo nel periodo estivo, il progetto ferroviario Eilat – Ashkelon, e il canale Taba – Arish. Allo stesso tempo , il governo egiziano ha adottato misure per privare il Canale di Suez di miliardi di dollari ogni anno; consentendo, ad esempio, alle navi turche di evitare di passare nel canale scaricando il loro carico a Damietta e a Port Said, dove poi camion turchi li spostano da Suez al Golfo Persico, privando così il paese da miliardi di dollari ogni anno. Nell’estate del 2013, 350 camion porta container erano bloccati nei porti turchi; altrettanti lo erano nei porti dell’Egitto e del Golfo, in attesa di essere caricato nei traghetti. Una settimana dopo il rovesciamento di Morsi, c’è stata la crisi delle migliaia di camion turchi bloccati nei porti turchi in attesa di essere spediti verso l’Egitto o in attesa di continuare il loro cammino verso il Golfo Persico. I camion trasportano esportazioni stimate a circa 20 miliardi di dollari. Va notato che ci sono più di 100mila camion turchi che lavorano sulla linea Egitto – Golfo. Ogni camion deve pagare quasi 150 dollari di tasse di transito quando passa attraverso l’Egitto, il che significa che un traghetto che trasporta 100 camion paga quasi 15mila dollari.

In confronto, la stessa nave ne paga circa 600 quando attraversano il Canale di Suez avanti e indietro. Ci sono tre società turche che lavorano sulle linee di traghetti tra la Turchia e l’Egitto, con almeno sei viaggi a settimana; il Canale di Suez viene privato di quasi 1000 milioni di dollari all’anno, in questo modo.

Infine ricorda al Hayat, Ahmed Burak Erdogan, figlio del primo ministro turco, possiede due di queste società.