STATO ISLAMICO. ISIS cambia pelle e attacca ancora

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Mentre scriviamo abbiamo una ulteriore conferma di quanto leggerete poche righe più avanti: ISIS ha compiuto un attacco inghimazi, nella zona di As Suwayda (Siria) facendo 180 morti e 350 feriti. La comunicazione ISIS, conseguentemente a un cambio di modalità operative, ha quasi completato la muta, come i serpenti, passata una stagione fredda e in previsione di una calda si cambia pelle. ISIS lo ha fatto attraverso una glocalizzazione delle sue operazioni comunicative: una serie di comunicati in lingua Pastho, Urdu, Inglese, Francese, Turco, usciti oggi dimostrano come la pelle di ISIS si sia rinnovata. Pur rimanendo il marchio A’Maq, ogni casa di produzione locale ha deciso quali sembianze assumere e ha dato il proprio logo ai comunicati A’Maq. In questo modo ISIS mantiene un certo numero di province: Turchia, Gran Bretagna, Francia, e così via, attraverso diverse case di produzione senza di fatto averne il controllo territoriale. Lo Stato Islamico mostra dunque una grandezza che non ha. Allo stesso tempo ISIS è pronta a livello mediatico in caso di attacco o dispiegamento eventuale di forze sul territorio. Per quanto riguarda la Siria e l’Iraq è ormai un dato di fatto che vi siano due grandi province: Sham e Iraq, che a loro volta comprendono dei distretti.

Inoltre ha assunto grande rilevanza la campagna mediatica sugli attentati rivendicati avvenuti in  Canada, Libia, Pakistan. ISIS ha utilizzato per tutti e tre gli eventi il solito impianto pubblicitario a carattere internazionale traducendo nell’immediato i comunicati nelle lingue locali e poi in tutte le lingue dello Sham, accompagnando i tre eventi con rassegna stampa dedicata e immagini degli attentati.

Soffermiamoci sui fatti di Toronto. È interessante notare che nel flusso social a caldo dell’evento un account avesse lasciato intendere ad un certo punto che lo sparatore di Toronto, poi identificato con il 29enne Faisal Hussein, fosse un mujahid del Califfato e che quindi l’operazione di Toronto fosse opera loro. L’account poi non ha rilanciato l’ipotesi che anzi è stata silenziata. Si tratta del tipico modus operandi previsto da ISIS in caso di operazioni simili per cui fino alla rivendicazione ufficiale non si deve trattare o commentare l’evento, una sorta di embargo pre ufficialità sulla notizia.

Inoltre, a conferma ulteriore che qualcosa nella versione ufficiale non quadra, da foto e frame video comparsi in rete e sui media, l’attentatore sembra avere una certa dimestichezza con l’arma corta che utilizza per colpire le sue vittime (posizione di tiro e atteggiamento generale, ad esempio) che poco si attagliano alla storia ufficiale, data dalla famiglia e avvalorata dalle autorità, secondo cui si trattava di una persona mentalmente instabile, anzi malata. Una versione che sia le autorità che i media canadesi, dopo averla accettata e diffusa, ha perso di credito, tanto che se le autorità se ne sono discostate, i media hanno accusato le autorità di sicurezza della città di averla usata per deviare l’attenzione e coprire la possibilità che si trattasse di un atto terroristico, ipotesi che ha ripreso quota. 

Comunque, l’obiettivo del Califfato era ed è quello di mostrare al mondo che ISIS è ancora in grado di pianificare e attaccare simultaneamente tre continenti nonostante il controllo delle autorità.