STATO ISLAMICO. Ecco come ISIS racconta la Battaglia di Mosul

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Il fatto più significativo della recente comunicazione on line dello Stato Islamico è stato il documentario in risposta al film di NetFlix, Mosul a cui Daesh ha risposto con un promo, un video di 10 minuti sottotitolato in inglese, un documentario di 45 minuti per raccontare la sua versione dei fatti su Mosul. L’obiettivo, raggiunto, di Daesh era quello di postare su quante più piattaforme possibili il materiale in modo da raggiungere il suo pubblico e anche l’opinione pubblica “altra” e, per questo, hanno fatto una rassegna stampa di tutti gli articoli dedicati a Daesh in merito.

A ben osservare la scala delle priorità comunicative Daesh, on line c’è una nuova generazione di jihadisti del web che stanno ricominciando la comunicazione dalla sua fondazione di “Stato Virtuale” connesso e unito da un’ideale-ideologia, e attivo con azioni precise in campo. Sono stati numerosi infatti i link su radio al Bayan, sulle lezioni del Corano, e sulla metodologia profetica; ampio spazio ai discorsi dei padri nobili, come al Zarqawi e Anwar al Awlaki. A differenza di quanto si leggeva tra il 2016 -2018, Daesh fa un passo indietro e ora rifonda lo Stato, sta anche apportando modifiche ai messaggi, molto più inclini al combattimento che non all’Egira. Meno richieste di adesioni, più richieste di azioni.

La comunicazione Daesh del triennio 2016-2019 era molto più orientata sulla costruzione di una ideologia, mentre ora tutto è orientato sull’impatto visivo, la difesa dell’immagine dei combattenti Daesh e le azioni da compiere in campo. Ritornano molto attivi i canali social iracheni, proprio nel momento di maggiore difficoltà del governo iracheno di Mustafa al Kazemi. Le difficoltà economiche e l’impossibilità di compiere manovre importanti per colpa dell’immobilismo politico stanno favorendo il ritorno dei jihadisti sia sul campo che nella rete social, che dal tipo di comunicazione, dall’assiduità on line, e le azioni in campo sembrano aver ricevuto una nuova iniezione di soldi per muoversi.

Tra le novità nella rete social media, è da segnare l’inserimento di frasi del discorso di Abu Hamza e Abu Ibrahim al Qurashi, portavoce e Califfo di Daesh nei video postati in risposta al film Mosul di Netflix. Per scendere nel dettaglio della campagna mediatica Daesh contro la produzione di Netflix, Mosul è stata impostata la solita procedura da lancio di film: annuncio, promo di trenta secondi, grafiche- cartellonistica, video breve da circa 10 minuti e con un giorno di ritardo rispetto all’uscita di Mosul Netflix (26 novembre), video di 45 minuti; si attende ora la sottotitolazione del documentario intero.

Per il primo video di lancio, 11.41 minuti di produzione sottotitolato in inglese la firma è di War & Media Channel casa di produzione non ufficiale Daesh. Questo sunto, video – audio, di Daesh spiega che la produzione video, audio, comunicati e reportage, della battaglia di Mosul è stata copiosa ben 13 “questioni visive” ovvero 13 miniserie della battaglia all’interno di Mosul e quindi l’Occidente non può falsificare ciò che è veramente accaduto. Nel video si asserisce che la battaglia di Mosul è la più importante dopo la Seconda Guerra Mondiale, oltre sessanta i paesi coinvolti.

Ed ecco i fatti come li narra lo Stato Islamico. Il 10 giugno 2014, racconta Daesh: «300 uomini hanno preso Mosul, mentre l’esercito iracheno si dava alla fuga lasciando miliardi di armi alle spalle. L’intero mondo è sotto shock. Da Mosul l’annuncio del Califfato. I sunniti vivono i più bei giorni della loro vita sotto il Califfato mentre prima erano vessati dagli sciiti. Obama annuncia la battaglia per la ripresa di Mosul, nel 2016. Mosul bombardata dal primo giorno. 130.000 i soldati iracheni, peshmerga e PMU e esperti militati USA, Francia, Canada, Turchia, coinvolti nella battaglia conto circa 6.000 uomini di Daesh, qualcuno dirà anche meno». Da quel momento Daesh comincia la produzione di materiale video che testimonia la battaglia all’interno di Mosul: 13 miniserie, decine di comunicati e report.

Eccoli, nell’ordine narrato da Daesh:

1) Ignition of War: annuncio della battaglia di Mosul alla periferia della città

2) The Promise of Allah: testimonianza delle battaglie a est di Mosul

3) Impact of bullets: operazioni di cecchinaggio contro forze irachene e i loro veicoli.

4) The Armor Hunter: descrizione della battaglia all’ospedale al Salam e Al Wehda periferia di Mosul con l’aiuto del prigioniero John Cantley

5) The Procession of Light, Part 1: attentati suicida e bombardamenti Daesh contro l’esercito iracheno. Daesh cerca di mantenere il controllo della parte destra della città – inizia assedio con bombardamenti random della coalizione. La tv irachena, e i media del nemico, mentono e parlano di grande avanzata dell’esercito

6) Knights of the Diwans: inizio utilizzo dei droni da parte di Daesh per riequilibrare la battaglia. I media del diwan hanno dato vita a due video

7) Agents not Sholar

8) Follows their guidance: video dove Daesh mostra l’uso di auto bombe e attacchi suicida

9) Da qui i video: You are the adverts

10) Grabbers on the embers in cui appunto si vedono immagini dai droni di esplosioni contro mezzi e quartier generali di forze irachene

11) The procession of Light, Part2: ampia edizione video della battaglia di Mosul. Battaglie e attacchi contro forze irachene sul lato destro di Mosul

12) Ultimo video da Mosul: One of Two Greater Good. Nonostante l’assedio Daesh continua a mietere vittime nell’esercito iracheno. L’11 luglio 2017 dall’ultimo video di Mosul si apprende che la guerra sarebbe continuata fino all’ultimo proiettile. Il video termina con il lancio di un nuovo video, il 13esimo: La domanda resta: finisce l’esistenza di ISIS in Iraq dopo la caduta di Mosul? A dirlo saranno le situazioni militari. Che sarà il contenuto del video di 45 minuti: la Battaglia di Mosul.

Daesh trae la conclusione di essere ancora un’organizzazione viva e vegeta, capace di rispondere mediatamente ai colossi mediatrici e dell’home video diffuso in Rete da pari a pari. Nell’approccio mediatico e nell’approccio “politico” alla diffusone di Daesh poco è cambiato non essendo mutato il paradigma di riferimento teso a sottrarre humus al fenomeno insorgente jihadista. Si tratta di una constatazione che già nel 2016 era presente nel documentario italiano di analisi del fenomeno mediatico ISIS Morte di uno Stato Mai Nato (edito da Ruvido e da AGC Communication; firmato da Riccardo Mazzon, Graziella Giangiulio, Antonio Albanese), presentato alla Camera dei Deputati e al pubblico e mai andato in onda per censure interne dell’emittente che lo aveva programmato.

Il documentario italiano, tutt’ora attuale, già lanciava il messaggio della necessità di un cambio di approccio culturale nella lotta al fenomeno globale e “affascinante” dello Stato Islamico, capace di attrarre giovani leve prive di riferimenti ideali e senza un’anima: né musulmana né occidentale.

Questa nuova produzione di Daesh che tiene testa in Rete a Netflix e la successiva riedizione di Dabiq, in lingua inglese, stavolta un settimanale non ufficiale, con tutto quello fin qui detto, ne sono un chiaro e inequivocabile esempio.

Redazione