STATO ISLAMICO. DAESH non ritorna, manifesta la sua presenza

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Daesh ci ha abituati alle cattive notizie natalizie, e anche quest’anno non si è smentito. Tra il 23 e il 26 dicembre ha compiuto una serie di attentati in Africa contro i cristiani, in modo particolare in Nigeria e Burkina Faso, quest’ultimo ha portato alla morte di 35 civili, attentato rivendicato da Daesh il 27 dicembre. Nelle stesse date 23-26 dicembre numericamente superiamo i 200 attacchi tra Siria, Iraq, Yemen, Somalia, e come abbiamo detto Nigeria, Burkina Faso e uno al confine tra Nigeria e Ciad. Ma ISIS non era stata sconfitta? 

Così almeno hanno titolato il 23 marzo 2019 tutti i giornali; quando è caduta l’ultima roccaforte Daesh in Siria ad al Baguz, i titoli recitavano: “Daesh è stata sconfitta la 100%”; o per dirla con le parole del presidente statunitense Donald Trump: ISIS is been defeated. Non solo il 26 ottobre vengono uccisi, in strane circostanze, a distanza di poche ore il Califfo autoproclamato: Abu Bakr al Baghdadi e il portavoce Abu Hassan al Muhajir; il primo a Idlib, da bombardamento aereo USA, in territorio HTS (eterni rivali di Daesh) e infatti, ancora tutti i fan pro Daesh si stanno chiedendo cosa ci facesse il loro Califfo in territorio controllato dai turchi e da Joulani, e il secondo, Al Muhajir, ucciso dai curdi in Iraq. Si è pensato di chiudere così il capitolo Stato Islamico, finalmente dopo cinque anni dalla sua nascita, imposta al mondo con un discorso a Mosul. 

Ma allora cosa è successo dal 23 marzo 2019 al 23 dicembre 2019? Omettendo i singoli avvenimenti, ma andando direttamente al sodo: ISIS non è morta no, ha solo messo a tacere le sue cellule dormienti per attivarle al momento opportuno. O come recita un documentario mai andato in onda, ma dal valore simbolico importante, dal titolo: Stato Islamico, morte di uno stato mai nato?, prodotto da Ruvido: «Se militarmente possiamo sconfiggere Daesh non abbiamo fatto nulla per sconfiggere la parte socio-culturale dello stato Islamico». 

Ed ecco che in maniera periodica, Daesh posta delle campagne mediatiche a cui fanno seguito delle campagne militari a tema. L’ultima, che ha preso il via il 23 dicembre 2019, nove mesi dopo la sconfitta di al Baghuz, si intitola: “In vendetta della morte degli Sceicchi Abu Bakr al Baghdadi e Abu Hasan Al Muhajir”. Campagna mediatica partita non appena sono state riorganizzate tutte le cellule dormienti di Daesh e che queste hanno prestato il giuramento al nuovo Califfo Abu Ibrahim Al Hashemi al Qurayshi, che ha anche un nuovo portavoce, Abu Hamza al-Qurayshi. 

Il tutto è avvenuto tra il 31 ottobre e i primi di novembre. Daesh dunque non è mai morto ha solo cambiato forma, non colore e non obiettivo. Perché, come diceva il portavoce carismatico Daesh, Al Adnani, lo Stato Islamico c’è per restare. E a quanto pare a poco sono servite le campagne Cyber contro la social sfera Daesh; e gli attacchi aerei che anche in queste ore avvengono nell’area di Makmour in Iraq. 

Graziella Giangiulio