rischi economici della crisi siriana

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ITALIA – Roma 15/09/2013. Le ripercussioni della primavera araba, insieme con gli effetti della crisi siriana, hanno colpito l’economia mediorientale in primis, in un momento in cui era già in difficoltà, a causa della crisi che dal 2008 affligge l’economia mondiale.

Questi fatti hanno esacerbato i rischi politici ed economici e hanno creato nuove sfide politiche unite alle difficoltà economiche e finanziarie esistenti. Ora la crisi siriana sta aggiungendo nuovi problemi in uno scenario già cupo di per sé, scrive al Monitor.

Che venga o meno effettuato, l’attacco alla Siria avrà un impatto profondo sulle economie arabe e internazionali. Tutto ciò che è stato detto e mostrato sui canali televisivi circa la possibilità di una operazione militare , oltre alle aspettative e contro- aspettative, ha aumentato i rischi in Medio Oriente, la regione che detiene le maggiori riserve strategiche di petrolio del mondo. È qui sta l’essenza della questione.

I mercati internazionali non saranno interessati se la produzione di greggio siriano, che non equivale a più dello 0,4% della produzione internazionale, sia ostacolata o interrotta; ma subiranno le ripercussioni della crisi siriana sulla regione e sui paesi che rischiano di essere completamente coinvolti in un eventuale conflitto. Il primo di questi paesi è l’Iran. Le ripercussioni della crisi saranno limitate alla risposta militare ed economica dell’Iran. La possibilità che l’Iran possa chiudere lo Stretto di Hormuz aumenterà i prezzi del petrolio in caso di escalation militare in Medio Oriente.

La domanda petrolifera è in crisi: la produzione di petrolio iracheno non ha raggiunto i livelli attesi, ossia i 10 milioni di barili al giorno; quella della Libia è drammaticamente scesa al 10 % della sua capacità massima, se non di meno, a causa della grave crisi politica che sta minacciando la stabilità del paese; la Nigeria sta attraversando una grave crisi petrolifera visti i continui sabotaggi e furti nella produzione; le turbolenze in Egitto, che stanno minacciando il traffico marittimo del Canale di Suez, è un ulteriore fattore di pressione sui prezzi, contratti di assicurazione compresi. Contenere gli effetti di questi fattori ed evitare un aumento dei prezzi è possibile se si potesse fare affidamento sul surplus e la capacità produttiva dell’Arabia Saudita, come è stato fatto in passato. Attualmente, l’Arabia Saudita si trova ad affrontare altri tipi di problemi, legati alle rivoluzioni arabe sempre più un confrotno tra sunniti e sciiti. L’aumento dei prezzi del petrolio è l’ultima cosa di cui l’economia internazionale abbia bisogno. Le economie in via di sviluppo servono da leva per la crescita economica nel mondo, in cima a questi paesi ci sono i Bric, ad esempio. Durante l’ultimo G20, la Cina ha messo in guardia sugli effetti che un aumento del prezzo del petrolio potrebbe avere sull’economia globale.

Qualsiasi aumento dei prezzi potrebbe influenzare il costo e il livello di produzione e ostacolare gli scambi commerciali tra i paesi e inibirne la crescita. Il ministro del petrolio indiano ha dichiarato la decisione del suo governo di abbassare le importazioni di petrolio. Molti altri paesi potrebbero seguire le orme dell’India, sperando di proteggere la loro moneta e di controllare l’inflazione.