SIRIA. Assad racconta la sua guerra secondo il governo 

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I media della presidenza siriana hanno pubblicato l’intervista per RaiNews24 del presidente Bashar Al Assad. L’intervento del presidente siriano è stato in linea con le sue ultime due interviste realizzate pubblicate nelle ultime quattro settimane al fine di sponsorizzare la nuova offensiva a sud di Idlib. Il presidente ha ribadito che l’esercito siriano – SAA ha compiuto importanti avanzate contro terroristi e ribelli e che la situazioni in Siria si è molto complicata a causa dell’intervento esterno di numerosi attori. 

Assad ha precisato che il modus operandi del suo governo è nell’ottica della riconciliazioni con le fazioni ribelli attraverso (1) la concessione dell’amnistia per chi restituisce le armi, (2) il riconoscere che non si tratta di una guerra civile poiché protrattasi a causa delle armi immesse nel paese da potenze straniere, (3) il riconoscimento della natura non settaria del conflitto e (4) l’impegno nella lotta all’ideologia wahhabita jihadista. 

Al riguardo Assad sostiene che, mentre le proteste del 2011 non avevano intenti bellicosi, l’intervento esterno, con riferimento al Qatar ed alle nazioni europee, ha fomentato quella che poi è diventata una lotta settaria. Nella lotta al fondamentalismo, come già accaduto in passato, Assad sostiene la necessità di estirpare l’ideologia wahhabita dalle scuole con programmi educativi statali sia nelle moschee sia negli istituti pubblici. 

Il ruolo della Russia è predominante nella parte centrale dell’intervista. L’impressione generale è che il punto di vista del presidente Assad sia totalmente appiattito sulla narrativa in politica estera di Mosca. Il presidente infatti cita i punti chiavi che la Russia porta avanti in tutte le crisi militari in cui è coinvolta: (1) il rispetto della legislazione e dell’ordine internazionale e (2) la lotta senza quartiere al terrorismo. Sulla questione della Safe Zone, Assad riconosce che i russi, in base ai suddetti principi, hanno dovuto trattare anche con la Turchia e scendere a patti. Secondo il presidente questa sarebbe tuttavia una misura temporanea in quanto Mosca sostiene l’integrità territoriale della Siria e la sovranità del governo di Damasco. Assad, quando incalzato sulla possibilità che i russi siano parimenti amici della Turchia, risponde che quello che si vede è un “pragmatismo” circostanziato dallo stato delle cose. La chiusura di Damasco con il presidente turco Recep Erdogan è ancora una volta totale: ieri Erdogan aveva chiamato Assad un criminale ed oggi il presidente siriano chiama l’omologo turco un “islamista opportunista”, con evidente riferimento all’ideologia fondamentalista in seno ai Fratelli musulmani. 

La questione dei profughi siriani nei paesi europei viene bollata dal presidente Assad come la giusta conseguenza per quei paesi che hanno fatto scoppiare, con armi e finanziamenti alle milizie ribelli, il conflitto armato nel paese. In particolare si fa riferimento al ruolo di alleati degli USA dei paesi Nato e dei partecipanti alla Coalizione internazionale a guida americana. 

Assad quindi procede nel descrivere il ruolo negativo che i media di massa hanno nei confronti del governo di Damasco. Questo si declina ad esempio nell’idea che il Vaticano si è fatto della crisi dei profughi siriana o dell’intera faccenda dell’uso delle armi chimiche da parte del SAA. Al riguardo Assad chiede di essere più scrupolosi nell’informarsi riguardo ciò che sta succedendo nel paese. 

La strategia del governo siriano al momento risulta essere: (1) la lotta al terrorismo, (2) la riconciliazione con la popolazione e (3) l’impedimento dell’ingerenza di nazioni estere nel contesto siriano. 

Infine l’economia siriana, sempre secondo il presidente, sta soffrendo principalmente a causa delle sanzioni economiche imposte che (1) mettono in difficoltà il welfare siriano, irrinunciabile per l’ordinamento di stampo socialista del paese e (2) impediscono il rientro nel paese dei capitali dei grandi imprenditori siriani fuggiti all’estero. 

Nel sua interezza l’intervista non riflette numerose problematiche che vanno ad intaccare l’impianto narrativo del presidente Assad. Completamente assente dalle parole di Assad c’è tutta la tutta la tematica delle mancate promesse post-riconciliazione. Il processo di riconciliazione, per come è stato delineato da Damasco, non prevede solo la restituzione delle armi e la demilitarizzazione delle milizie popolari, come a Daraa, Sweida e Quneitra, ma prevede l’implementazione da parte di Damasco di tutta una serie di cambiamenti nella vita quotidiana dei cittadini. Ad esempio si è parlato spesso di (1) pensionamento dei reduci di guerra, (2) limitazioni all’arruolamento forzato nel SAA, (3) il controllo dei prezzi dei beni di consumo primari come pane, latte e gas, (4) la limitazione dell’influenza che le milizie sciite iraniane ed Hezbollah hanno a sud della capitale. Inutile dire che le aree che non hanno ritenuto soddisfatte tali promesse si trovano ora nel mezzo di un processo di nuova proto-rivoluzione per le stesse genuine ragioni del 2011. 

Sulla questione russa e la correlata guerra a sud di Idlib e nella Safe Zone si tratta più che altro di un’esposizione, quella di Assad, di dati di fatto. La Turchia ed il Qatar stanno finanziando e supportando milizie terroriste e jihadiste sull’intero fronte settentrionale. Al Qaeda in Siria, ovvero la sala operativa “Wa Harid Al Mu’minin”, si è recentemente alleata ad Hay’at Tahrir Al Sham – HTS. L’organizzazione di Abu Muhammad Al Julani è notoriamente supportata in termini di armi ed addestramento delle truppe da Ankara ed ora il governatorato di Idlib deve il suo approvvigionamento di carburanti ai contratti sottobanco che i contrabbandieri turchi sono riusciti a strappare ai curdi iracheni. Il fronte si amplia comprendendo delle porzioni qaediste dei “White Helmets” impegnate nel propaganda anti-Assad con video falsi ed operazioni di protezione civile “messe in scena”. 

A questi gruppi jihadisti si uniscono le milizie terroriste che compongono praticamente l’intera prima legione del Syrian National Army – Sna come, ad esempio, Ahrar Al Sharqiyah, Faylaq Al Sham, Jaysh Al Islam e così via. Sulla natura terrorista di questi gruppi restono, dopo le recenti operazioni nella Safe Zone, veramente pochi dubbi da fugare. 

Se pertanto la lotta al terrorismo è effettivamente giustificata dai fatti, quello che Assad non può commentare, perché non condonabile, è la tattica implementata dall’aviazione militare russa e dai suoi elicotteri: mettere il governatorato di Idlib sotto quasi-assedio per scatenare una reazione interna contro Hts ed il Governo di salvezza nazionale. 

Ad onor del vero la guerra, così come viene combattuta, è ad un tale punto di stallo con i ribelli asserragliati nelle loro postazioni ed armati di ATGM per limitare le capacità di avanzamento dei mezzi corazzati siriani che sostanzialmente tre possono essere gli esiti: (1) gli Atgm smettono di essere forniti ai ribelli (vedi avanzata del SAA lo scorso 30-31 agosto), (2) il Sea si sacrifica ad un’avanzata di forza con probabili numerose perdite nei suoi effettivi o (3) attende gli effetti dello stato di semi-assedio continuando a bombardare. L’unica critica sul terzo punto è che la Turchia potrebbe a lungo non cedere, al prezzo, allora, di tante vite perse tra i civili a sud di Idlib. 

La Russia, e su questo si può essere d’accordo con Assad, non sta stringendo alleanza con la Turchia, mentre sta mostrando una commistione di pragmatismo e programmazione militare nella Safe Zone commisurato al tipo di leva economica che può usare contro Ankara: ha fatto concessioni ai turchi, immesso il suo alleato (il Saa) nella Rojava e stabilito una serie di basi ed aeroporti militari per sostenere lo sforzo dei prossimi mesi che sarà evidentemente rivolto non contro i turchi ma contro gli americani tramite le trattative con i curdi. 

Il punto su cui Assad si discosta maggiormente dalla realtà dei fatti è l’impegno di Damasco nell’impedire l’ingerenza estera nel paese. La ricostruzione della Siria è, di fatto, un grosso contratto già ampiamente appaltato alla Russia, all’Iran ed alla Cina. La popolazione siriana però potrebbe avere grossi problemi con l’Iran, come spesso palesa nelle manifestazioni di piazza, e per tanto quello che Damasco dovrà cercare di fare è evitare che un’ingerenza economica diventi poi un’ingerenza culturale. 

Redazione