Il sonno dell’epidemiologia

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Fonte: Key4biz

COVID 19, l’altra Storia: serve il risveglio dell’epidemiologia.

Di sicuro tra i protagonisti contestati del lockdown italiano: i numeri. In senso lato. Ma quanto sono importanti i numeri? Chi dovrebbe raccoglierli e in che modo? E quelli della Protezione civile erano sufficienti sono serviti che uso se ne farà?

Per chiarire i quesiti dati abbiamo intervistato Valerio Gennaro, epidemiologo eziologico, ex dirigente dell’Istituto di Ricerca sul Cancro di Genova, attualmente in pensione, referente ISDE, medici per l’ambiente, importante ente di ricerca su base volontaria, lui referente per Genova e nel comitato Tecnico Scientifico nazionale dello stesso ente.

Detto in poche parole il dottor Gennaro si occupa dei numeri delle epidemie. Numeri che hanno a che fare con il calcolo dell’aspettativa della vita e, udite … udite con l’aspettativa di vita sana delle persone. Sì, sana, perché si può invecchiare bene o male e l’eziologia con i numeri giusti può dirvi in che direzione sta andando il Paese.

Lo sapevate che fino al 2004 eravamo tra i paesi più longevi e sani e che da allora in poi gli italiani diventano vecchi ma sono sempre più malati?

E ancora lo sapevate che in Italia c’è una legge che ha un anno di vita che permetterebbe di calcolare i numeri delle epidemie, ma aspetta ancora i decreti attuativi? La norma è quella sul “referto epidemiologico e il Registro tumori” meglio denominata: legge 22 marzo 2019, n. 29 Istituzione e disciplina della Rete nazionale dei registri dei tumori e dei sistemi di sorveglianza e del referto epidemiologico per il controllo sanitario della popolazioni.

A che serve questa legge? Prima di tutto consente di usare i dati per fini statistici, serve ai comuni alle regioni, allo Stato per calcolare, ad esempio, lo stato di salute della popolazione e fare previsioni sulle aspettative di vita, comprendere quanto siamo malati e di cosa, e quindi: potrebbe fingere da strumento di orientamento per i ministeri di competenza o gli assessorati regionali o consiglieri comunali. Sostanzialmente potrebbe aiutare a non spendere male i soldi in Sanità. Non a caso per il professor Gennaro la Sanità è il male assoluto e la Salute è il bene assoluto.

Al dottor Gennaro abbiamo chiesto di farci un esempio di aiutarci a capire di come questi dati messi a rete possano essere utilizzati. E lui ci ha parlato del caso Genova, comune, dove è stata riscontrata un’incidenza di mortalità maggiore del 20% in alcuni quartieri rispetto ad altri. Questo consentirà al comune di orientare diversamente gli investimenti in termini di salute pubblica.

Lo strumento per calcolare i giusti numeri c’è ma non si applica, un po’ come a scuola: lo studente è intelligente ma non studia. Per scendere nel dettaglio, Coronavirus, per esempio, il giorno della nostra intervista il 24 aprile 2020, la protezione civile censiva 25.969 decessi, un dato definito da Gennaro: “medio”, ovvero complessivo e non suddiviso per categorie, quali, il sesso, età, patologie pregresse, comunque l’eziologia ci ha detto che quel giorno il tasso di mortalità in Lombardia era di 130 persone su 100.000 persone; Emilia Romagna 75/100.000 persone; 70/100.000 persone in Liguria e ancora Sicilia, Calabria e Sardegna registravano un dato inferiore a 5/100.000 persone. Con una media nazionale di 43/100.000. Il dato è eterogeneo e al contempo mostrava già in piena chiusura-Italia che l’epidemia non si è sviluppata sul territorio nazionale allo stesso modo, ma nemmeno lo ha fatto all’interno delle stesse regioni, questo per esempio, diciamo noi, poteva far ragionare il nostro Governo sul fatto di riaprire quelle regioni e far tornare al lavoro le persone, a scuola gli studenti. Stesso dicasi per le province non colpite anche nelle regioni colpite. Pur mantenendo in essere le procedura per evitare nuovi contagi. Se ci fossero stati inoltre dati aggiornati si sarebbe potuto calcolare lo “spread”, quindi il differenziale della malattia, e il “baseline” ovvero il risultato atteso. Purtroppo non è stato possibile perché l’Italia non era preparata, non aveva studiato in precedenza lo stato di salute degli italiani, pur avendo gli strumenti per farlo. Vedi caso Lombardia, ma c’è speranza, vedi il caso Veneto. Non ne facciamo una questione politica, ne facciamo una questione di buon senso. Il virologo non può parlare di gestione dell’epidemia, e viceversa, l’eziologo non ci può parlare delle terapie, perché questo è un compito che spetta al clinico. Insomma bisognava dare vita a uno staff congiunto di professionalità del settore e cominciare a studiare, comparare i dati. E poi continaure a studiare, la prevenzione si fa con la conoscenza.

Sostanzialmente per dirvela con le parole del dottore: “non leggere i dati significa avere gli occhi chiusi” e per gli italiani è significato morire in un ospedale, lontano da casa, senza nemmeno essere pianti dai propri cari. Non solo, aggiungiamo noi: avendo solo i dati della protezione civile, che seppur ufficiali non avevano nessuna forma di differenziazione, siamo stati obtortocollo bendati. Ma Gennaro è ottimista, ha detto che i dati della Protezione Civile vanno considerati come un punto di partenzaVerso dove? Chiediamo noi?

Verso il risveglio dell’epidemiologia. Il sonno dura da molto, troppo tempo. Gennaro per esempio ci ha detto che quando lui ha lasciato la carica all’Istituto di ricerca, nessuno l’ha sostituito sebbene ci fossero giovani in gamba e in grado di sostituirlo.

Perché? Soliti maledetti soldi! Non importa più la salute è centrale la sanità.

L’Italia come molte altre realtà nel mondo ha vissuto una parcellizzazione della ricerca, perdendo di vista l’obiettivo finale la salute. Quindi ci sono, per esempio, somme di denaro per studiare la relazione tra genetica e salute ma non quella tra ambiente e salute. Gennaro ci fa riflettere su un dato: come comunità per migliorare la condizione dei pazienti facciamo prima a intervenire sull’ambiente o sulla genetica? La risposta la lasciamo a ognuno di voi.

Ora lottiamo contro un Virus, che ha dato origine a una epidemia, anzi a una pandemia, ma sapete che in Italia muoiono ogni anno 50.000 persone per infezioni contratte in ospedale? Lo sapete che l’inquinamento ambientale ha provocato dai 60.000 ai 70.000 morti? Cosa abbiamo fatto per quelle persone?

La nostra chiacchierata con Gennaro finisce, e come capita con gli ottimisti, con una sfida: dare vita in Italia a uno strumento di raccolta dati sullo stato di salute delle persone volto a aiutare lo Stato a prendere i provvedimenti necessari per migliorare lo stato della salute degli italiani trasformando così la Sanità in Salute.

LE STORIE

COVID 19, L’altra storia. Diario dalla zona rossa

Riccardo, è un agente immobiliare, il suo ufficio è a Nembro. Ha cinquantatre anni e, a parte qualche herpes da stress, sta benone. Di recente ha trovato anche una nuova fidanzata dopo anni di delusioni e quindi è felice. Siamo a febbraio 2020.

A Bergamo si muore di polmonite da molte settimane e chi non muore la prende anche due volte consecutivamente come se non guarisse mai. I peggio di tutti sono stati i vecchietti che hanno fatto il vaccino contro la polmonite, quelli sono morti tutti subito. Ci dice a microfoni spenti. Ovviamente la sua è una tesi da verificare con i dati alla mano che noi non abbiamo. La storia di Riccardo è, come tutte le nostre storie, una tra le tante, questa volta dalla zona rossa.

Lui dei morti lo sapeva, che c’era in giro qualcosa di strano lo aveva capito. Del Covid tutti ne parlano. Ma il lavoro è lavoro. Il 27 febbraio incontra un cliente che tossisce, in ballo c’è un importante contratto di affitto che se va in porto consentirà al nostro Riccardo di starsene a casa per qualche settimana, così a livello preventivo. Magari, se fosse libera, anche con la sua fidanzata che è impiegata in una compagnia di trasporti e vive a qualche chilometro di distanza in un’altra casa.

Il contratto va a buon fine: ci avevo lavorato da mesi. Era un caso complicato serviva uno che amasse la terra perché il proprietario, per la cascina, cercava un contadino, ci spiega, per questo sono rimasto fino alla fine in quella maledetta stanza.

La stanza del notaio dove hanno siglato gli accordi è piccola: due metri per tre, il cliente tossisce tutto il tempo: questa maledetta tosse non se ne vuole andare, dice a Riccardo.

Dopo 24 ore Riccardo comincia a scorgere sul suo corpo che sta per venirgli il solito herpes e il suo medico di base, senza visitarlo e al telefono, gli prescrive un anti virale forte: Riccardo, gli dice il medico, lo devi prendere, ricordati che l’ultima volta è stato devastante e non possiamo rischiare che ti arrivi al cervello va bloccato subito. L’ultima volta appunto aveva coperto molte parti del suo corpo e per guarire ci era voluto molto tempo.

Riccardo esegue: va in farmacia e prende il farmaco. Nel frattempo in via preventiva avvisa la fidanzata e le dice di stare a casa. Siamo ai primi di marzo. Fontana e Conte stanno litigando al telefono, lo scopriremo tra giugno e luglio, per decidere se Nembo debba o no essere considerata zona rossa.

Ricardo si barrica in casa. 10 giorni di farmaco e l’herpes va via. Ma come finisce la somministrazione del farmaco comincia la febbre, alta, molto alta. Nel frattempo lo chiama la vedova del cliente: mio marito è morto rinunciamo all’affitto. Alla domanda: ma di cosa è morto? Lei risponde: polmonite bilaterale interseziale. All’inizio tutte le diagnosi erano uguali sembravano una la copia dell’altra, invece che scrivere Covid scrivevano Polmonite interseziale bilaterale.

La febbre, continua Riccardo, si aggirava sempre sui 38-39 e non scendeva mai. Non sono mai stato così, ci dice, ero debole ma soprattutto non sentivo più i sapori, avevo scongelato del pollo giorni prima e l’ho buttato perché non riuscivo a capire se era buono oppure no. La mattina non riuscivo ad aprire gli occhi e l’unico momento di tregua era sotto la doccia bollente.

Lui ha i sintomi del Covid tutti quelli che cominciavano a essere elencati per televisione. Chiama il suo medico, ma gli risponde la moglie:  mio marito è in ospedale ha preso la polmonite. Allora chiama un amico del settore sanitario che gira molto per ospedali che gli dice: non prendere tachipirina o cose del genere, tieni la temperatura alta in casa, fatti docce bollenti e restaci sotto più che puoi. Secondo me hai il Coronavirus.

Riccardo lo sapeva ma sperava di sbagliarsi, sperava in cuor suo toccasse a qualcun altro ma era toccato a lui. Non ho mai pensato alla morte semplicemente perché: non ne avevo la forza. I familiari premono perché si rivolga alle autorità per fare il tampone ma è del tutto inutile non verrà nessuno. Comincia a telefonare a qualche amico in politica: di destra, di sinistra, chiunque possa dargli una mano ma il fatto è che i tamponi non ci sono, è il caos: Lombardia nel panico, Bergamo anche.

Seguivo tutti i tg e più vedevo immagini e più mi sentivo fortunato a essere a casa solo in un appartamento mio, di 80 metri quadrati. La cosa più difficile era igienizzare il bagno. L’Igiene mi aveva detto il mio amico è fondamentale: arieggia ogni stanza, pulisci il bagno; lavati le mani prima e dopo esserti fatto il bidè. Scusa se entro nel dettaglio ma è per farti capire: la pipì aveva un odore chimico nauseante, e il timore che i batteri potessero entrare da dove erano usciti era il mio incubo. Ho tenuto la candeggina diluita pronta all’uso dopo ogni evacuazione per 45 giorni.

La gente moriva, erano i giorni in cui in Tv si vedevano i mezzi militari portare le bare a essere incenerite in altre città perché a Bergamo non c’era più posto. Altro che Wuhan qui è stato molto peggio ci dice Riccardo. Tutti a sperticarsi in elogi alla sanità lombarda prima del Covid ma ora possiamo dire che è stato un fallimento completo. Quando ho visto le immagini delle bare in Tv ho chiamato i sindaci, conoscenti degli uffici anagrafe. La mia febbre si era abbassata e la polmonite non era venuta, faticavo a respirare, dormivo seduto, ma tutto sommato stavo bene. Lo sai cosa mi hanno detto dagli uffici pubblici? I morti? Li conteremo nel 2021 se resterà qualcuno a contarli. Abbiamo fatto una delibera che i morti si possono essere seppelliti senza certificato medico, abbiamo gli impiegati dell’anagrafe che sono morti o malati e non abbiamo nessuno che registra i morti. Questo era la provincia di Bergamo di metà aprile. Non solo nessuno mi ha saputo dire come mai di punto in bianco ad un certo punto hanno cambiato gli impianti di aereazione dell’ospedale di Bergamo. Come dice il mio amico l’aria deve essere sempre pulita mentre in ospedale l’aria era inquinata da Covid, l’aria passava da una stanza ad un’altra, grazie ai condizionatori. Io penso questo.

Un altro dato ci ha svelato Riccardo di estremo interesse e che: i medici di base a Bergamo, tra medici e pediatri sono circa 1000, sostenevano che avevano almeno tre giovani sotto i trent’anni a casa con febbre alta. Quelli che in teoria di Covid19 non si sarebbero dovuti ammalare, anche di loro non si sa se avessero il Covid perché i tamponi non sono stati fatti. Mi sono sempre chiesto se il Covid della Lombardia era come quello delle altre regioni. Ci guarda ma noi non abbiamo risposte.

Ma per Riccardo, i cui occhi si inumidiscono quando racconta, la sensazione peggiore è stata quella di essere abbandonati: ho appreso di persone che non sapevano dove venivano portati i cari, dopo essere stati prelevati con le ambulanze, sapevano solo ad un certo punto, dopo molti giorni se erano vivi o morti. In alcuni casi non c’è stata certificazione delle urne, nel senso che non si sa nemmeno se le ceneri che ti consegnavano fossero del tuo caro o no. Noi qui ci siamo dovuti arrangiare da soli. E poi arrivavano le fatture per la cremazione.

Riccardo è guarito in sei settimane, l’ultima coda del suo probabile virus è stato creato da un gonfiore delle vene nelle parti terminali del corpo. Un medico ha detto che si tratta di carenze vitaminiche ultimo strascico prima della guarigione, ulcere. Il primo giorno senza febbre ho capito che ero un sopravvissuto.

I sui genitori li ha visitati dopo 45 giorni dalla fine della febbre. Ottanta sette giorni di isolamento totale. Nel frattempo. Grazie alla sua fidanzata ha avuto la spesa a casa tutte le settimane, lasciata davanti all’uscio. Un periodo duro ma che ci ha uniti molto. Lei ora è disoccupata, la sua azienda di trasporti prima l’ha messa in cassa integrazione e poi ha chiuso. Si occupava di transfer da e per l’aeroporto. Anche io sono disoccupato, mi occupavo di aste pubbliche ora con molta probabilità si faranno solo on line e forse da settembre. Sono sopravvissuto economicamente con il bonus per i liberi professionisti che io ho percepito con ritardi anche di due mesi. Cosa faremo non lo so per il momento posso dire siamo vivi e in salute.