RUSSIA. Nuove sfide terroristiche per Mosca

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Il terrorismo è tutt’altro che una nuova minaccia in Russia; rimane una preoccupazione costante per le autorità russe, ma il terrorismo domestico si è indebolito negli ultimi anni. Secondo quanto riporta The Moscow Times, le rigorose e spesso draconiane misure di sicurezza prese hanno finito con lo spegnere quasi del tutto i focolai insurrezionali nel Caucaso.

Con l’apparizione di Daesh e di altri gruppi estremisti islamici in Siria e in Iraq, i jihadisti nord-caucasici sono andati in Medio Oriente, tanto che oltre 4.000 cittadini russi attualmente stanno combattendo in Siria e in Iraq, secondo una dichiarazione del presidente russo Vladimir Putin fatta lo scorso febbraio.

Negli ultimi anni, il ritorno di questi combattenti è stato la principale preoccupazione di Mosca contro il terrorismo. Le autorità centrali temono in particolare che i rimpatriati possano fungere da cemento e da catalizzatore nel Caucaso del Nord.

Il Fsb sta dedicando un grosso ammontare di risorse per contrastare una simile minaccia, forse a scapito di altre minacce terroristiche. L’attentato a San Pietroburgo è stato compiuto da un cittadino russo nato  in Kirghizistan e radicalizzatosi in Russia, quando vi era emigrato. Tra diverse rivendicazioni, ultima quella di al Qaeda, l’attentato di San Pietroburgo rivela che altri tipi di minacce, forse più globali, si affacciano all’orizzonte e sono spesso incarnate dalle fila dei migranti provenienti dell’Est asiatico.

I migranti in Russia spesso risiedono in comunità asiatiche isolate, hanno lavori estenuanti e a basso reddito e vivono in un alloggio precari. Si trovano ad affrontare discriminazioni dalle autorità e talvolta violenze dei nazionalisti russi. Con poche opportunità a casa e in Russia, il “percorso radicale” può rivelarsi una via di fuga e di riscatto oltre che di affermazione per i migranti, riporta il giornale. Questi migranti rappresentano una sfida particolare per i servizi di sicurezza della Russia; il loro isolamento sociale rende quasi impossibile infiltrarsi in queste comunità. Inoltre, anche la sorveglianza elettronica è difficile: i migranti condividono spesso telefoni cellulari e spesso non utilizzano applicazioni di messaggistica per la comunicazione.

Questo ha ridotto e riduce l’attività della forze di polizia a modellitradizionali” come i controlli passivi di documenti e le ricerche nei bagagli.

Per di più, l’ampia dispersione dei migranti in tutta la Russia comporta che un terrorista ha più probabilità di colpire una città di provincia, come infatti è accaduto.  A livello centrale però, la minaccia più sentita non è quella parcellizzata interna, ma il ritorno dei combattenti da Siria e Iraq.

Anna Lotti