RUSSIA. Mosca abbraccia una politica estera religiosa Medio Oriente

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Sono molti i fatti che starebbero a testimoniare l’utilizzo di una politica estera “religiosa” da parte di Mosca in Medio Oriente. Il presidente palestinese Mahmoud Abbas ha ricevuto Vladimir Putin, a Betlemme la scorsa settimana, e non Ramallah, dando all’incontro un aspetto inequivocabilmente cristiano; a dicembre 2019, Putin ha incontrato il Patriarca della Chiesa greco-ortodossa di Gerusalemme, Teofilo III, per discutere delle difficoltà che i cristiani incontrano in Medio Oriente e la Russia ha annunciato a novembre la sua intenzione di proteggere i cristiani del Medio Oriente dopo che Putin ha incontrato il Patriarca a Mosca con una delegazione dell’Autorità palestinese; Israele si prepara a concedere alla Russia la proprietà di una chiesa a Gerusalemme (l‘edificio si trova nel complesso russo nella città vecchia; la chiesa di Sant’Alessandro Nevskij e altri edifici sono stati venduti nel XIX secolo allo zar Alessandro III).

Le relazioni tra palestinesi e russi si sono sviluppate di recente, a vari livelli politici ed economici. La novità è la dimensione religiosa, che dà ai russi un ulteriore punto di vista sulle questioni palestinesi. L’interesse di Putin per gli sforzi di preservare e sostenere le proprietà ortodosse a Gerusalemme sembra essere in parte volto a impedire ai coloni ebrei di acquistarle o prenderle.

I palestinesi sono preoccupati per tali transazioni perché la Chiesa ortodossa ha il più grande portafoglio immobiliare in Palestina, seconda solo alle dotazioni religiose islamiche. I turisti cristiani russi visitano la Palestina per vedere le chiese ortodosse, le proprietà storiche e i resti archeologici a Gerusalemme, Hebron, Gerico e Betlemme; questo potrebbe spiegare il crescente interesse di Putin, riporta Middle East Monitor.

Fonti ecclesiastiche palestinesi mostrano che l’uno per cento dei palestinesi nei territori occupati è cristiano, ovvero circa 450.000 persone distribuite in Cisgiordania, Gerusalemme Est e Israele. Di questi, il 51% è nella Chiesa greco-ortodossa, e il resto è distribuito tra sette chiese, le più importanti delle quali sono i cattolici romani e i protestanti. Le ragioni principali dello scioccante calo del numero di cristiani palestinesi che vivono nella culla del cristianesimo sono la loro emigrazione dovuta all’occupazione israeliana in corso, la cattiva situazione economica e il loro desiderio di vivere in un Paese più sicuro. Putin ha detto l’anno scorso che la situazione dei cristiani in Medio Oriente è “catastrofica” e il leader russo ha descritto il suo intervento militare dell’ottobre 2015 in Siria come una guerra santa per proteggere i cristiani di quel Paese.

Per Mosca, la causa della violenza nella regione è la mancata soluzione della questione palestinese. Ciononostante, la Russia ha forti relazioni con Israele, dove vivono 1,5 milioni di ebrei di area ex sovietica e russi. Il sostegno dei palestinesi alle recenti posizioni della Russia rafforza la loro volontà di avere una mediazione internazionale, e la bocciatura di Putin sull’Accordo del Secolo di Trump incoraggia i palestinesi a continuare a rifiutarla.

Il desiderio della Russia di colmare il vuoto lasciato da Washington in Medio Oriente e il suo uso della questione palestinese per aumentare la sua influenza è evidente. I russi sono relativamente equilibrati nelle loro posizioni, poiché condividono anche interessi strategici con Israele.

Secondo i palestinesi, la Russia sta spingendo gli Stati Uniti fuori dal caso palestinese utilizzando la sua alleanza con Iran e Turchia e i suoi successi in Siria, che l’hanno incoraggiata a intervenire altrove.

Al momento, il ruolo della Russia si limita però a ricevere delegazioni politiche e a rilasciare dichiarazioni diplomatiche, senza tradurle in azioni sul campo.

Tommaso dal Passo