Il Dragone Rosso e il Leone d’Albione

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REGNO UNITO – Londra 10/01/2014. Quasi sempre, quando alla fine di un film gli spettatori a fatica riescono a trattenere le lacrime significa che quel film è riuscito. Dagli applausi scroscianti della platea durante l’ultima edizione del  Toronto Film Festival  e dai giudizi positivi espressi dalla critica britannica e da quella australiana, pare proprio che il film “The Railway Man” sia destinato a riscuotere un discreto successo.

«Un film straordinario di riconciliazione e perdono, basato su una storia vera» per Terry Tavner (Woman’s  Own), «toccante e credibile» lo ha definito il Sunday Telegraph, mentre per il Guardian è proprio la performance «emozionalmente complessa» del suo protagonista Colin Firth a valergli le quattro stellette che compaiono in locandina.

The Railway Man, in uscita il 10 di gennaio nelle sale inglesi, è basato sul racconto del protagonista di questa terribile storia, l’ex ufficiale della Royal Signs inglese (segnali radio e guerra elettronica) Eric Sutherland Lomax, catturato e torturato nel corso della Seconda guerra mondiale dai militari giapponesi, costretto ai lavori forzati della “Ferrovia della Morte”, quella che i giapponesi fecero costruire da oltre 250mila prigionieri per collegare la Birmania alla Thailandia.

Alcune note di approfondimento come i racconti di una delle figlie del tenente Lomax, Charmaine, ci ricordano come suo padre fu prelevato insieme ad altri 10 uomini nell’agosto del 1943 dal campo di prigionia di Changi (Singapore) dove avevano allestito una stazione radio per seguire gli sviluppi della guerra. Insieme ai suoi compagni venne trasferito in una sezione speciale adibita alla tortura prolungata; la sua storia, come quella di tutti gli altri prigionieri segnerà una delle pagine più buie scritte durante i conflitti armati.

È proprio ispirandosi a questo film, oltre a fornire alcuni curiosi paralleli ispirati dalla saga di “Harry Potter”, che l’ambasciatore cinese a Londra Liu Xiaoming, uomo di mondo, persona colta ed estremamente abile sul piano comunicativo, il 2 gennaio, scrive una lettera che verrà pubblicata per intero a pagina  21 del quotidiano Daily Telegraph. I suoi scritti offrono diversi  spunti interessanti che possono rivelarsi un utile punto di partenza per meglio comprendere cosa accade ultimamente tra la Cina e il Giappone. La sua lettera è un attacco frontale al primo ministro giapponese Shinzo Abe, colpevole a suo dire di voler cavalcare i sentimenti militaristi e nazionalisti della destra conservatrice giapponese. Due gli episodi  al centro della sua “scomunica”. Il primo, quello  più discusso dai media internazionali  riguarda la visita di Abe al santuario di Yasukuni  (26 dicembre), l’altro, per certi versi  piuttosto provocatorio risale al maggio dello scorso anno, quando appena rieletto alla guida del governo  si fece fotografare seduto nella cabina di un jet militare con la matricola 731. Per i cinesi quel numero rappresenta l’infamità imperdonabile dietro la quale si nasconde la provocazione giapponese.

L’ Unita’ 731 e il suo programma, all’epoca segreto, sono noti oggi agli archivi per essere stati riconosciuti a livello internazionale come uno dei più gravi crimini commessi da un esercito sui  prigionieri. Il programma guidato dal generale Shiro Ishii tramite il Laboratorio di sperimentazione dell’esercito per la prevenzione epidemica, ufficialmente aveva il compito di “purificare l’ acqua”, in realtà serviva a sperimentare sui prigionieri armi chimiche e biologiche presso il campo di Zhong Ma, a circa 70 km dalla città di Harbin (Manciuria).  Per il professore Sheldon H. Herris  dell’Università della California, che a questo tema ha dedicato studi approfonditi , riportati nel libro “Fabbriche di morte: la guerra biologica giapponese (1932/1945)” il numero di cavie umane infettate durante questi allucinanti esperimenti arriverebbe a 200mila, si trattò principalmente di prigionieri cinesi, ma anche di inglesi, americani, laotiani, mongoli, coreani e russi. Successivamente diversi membri dell’Unita’ 731 vennero ingaggiati dagli Stati Uniti che proprio in quegli anni iniziavano i loro studi di ricerca sulle armi chimiche e batteriologiche.

Per quanto riguarda l’altro episodio al quale l’ambasciatore Xiaoming fa riferimento nella sua lettera al Daily Telegraph, ovvero la discussa visita del Primo ministro Abe presso il santuario di Yasukuni occorre precisare che se da un lato il sito ospita le spoglie di 14 criminali di guerra giapponese,  dall’altro rappresenta un simbolo del popolo giapponese da circa 150 anni. Attualmente quasi 2,5 milioni di anime di soldati morti in difesa  dell’impero vengono ricordate in questo luogo fatto costruire dall’Imperatore Mutsuhito nel 1869; «indipendentemente dal loro rango o posizione sociale, qui tutte le anime vengono venerate ugualmente come divinità del Tempio di Yasukuni». Ricordiamo che Abe non ha mai nascosto la volontà di voler rivedere la costituzione pacifista imposta al Giappone alla fine del conflitto mondiale, modificando  l’articolo 9  in modo da trasformare le “forze di autodifesa” in un esercito vero e proprio.

Il nocciolo della questione, tuttavia, da quello che emerge dall’analisi completa della missiva commissionata da Pechino al suo ambasciatore, pare essere quello già ampiamente descritto da  Xiaoming in una  sua precedente lettera al  Telegraph (ottobre 2012): Le isole di Diaoyu Dao devono tornare sotto il controllo della Cina. «È imperativo che il Giappone rispetti la storia e i fatti. È fondamentale che il Giappone rifletta sui suoi errori e dimostri di comprendere la situazione. È fondamentale che il Giappone mostri il coraggio politico di correggere i suoi misfatti, e rispettare la sovranità territoriale della Cina».

La disputa sulle isole che i cinesi chiamano Diaoyu mentre  per i giapponesi sono le Senkaku non riguarda tanto le spiagge o gli isolotti, più che altro i fondali ricchi di risorse naturali e il controllo delle rotte attraverso il territorio stesso.

L’ ex ambasciatore in Corea del Nord ed Egitto, con trascorsi da segretario anche a Washington, fa appello alla lunga amicizia tra Cina e Inghilterra, oltre che ai ricordi delle battaglie combattute “spalla a spalla” contro il nemico giapponese: «Cina e Gran Bretagna sono entrambi vincitori della Seconda guerra mondiale. Abbiamo giocato un ruolo chiave nello stabilire l’ordine internazionale post-guerra che ha consegnato grandi benefici per l’umanità. I nostri due paesi hanno la  responsabilità comune di lavorare con la comunità internazionale per contrastare e condannare tutte le parole o azioni volte a invalidare il pacifico consenso del dopoguerra oltre all’impegnativo ordine internazionale (…) Sono sicuro che non solo quello britannico, ma tutti i popoli che amano la pace non rimarranno indifferenti a queste minacce».

Tutto ciò  mentre i rapporti economici tra Cina e Inghilterra sono in una fase ottimale, superati  gli attriti dovuti all’incontro tra  David Cameron  e il Dalai Lama del 2012 i due paesi negli ultimi tempi fanno ottimi affari, o meglio, la China sta investendo in Inghilterra  parecchio denaro in molti progetti, soprattutto edilizi. La ristrutturazione del Crystal Palace , per il quale il gruppo Zhong Rong investirà 500 mln. Il presidente Ni Zhaoxing ha promesso di rifarlo come era prima dell’incendio del 1936 «sarà il gioiello della Corona» ha promesso; il sindaco Boris Johnson si è detto completamente favorevole. Vicino all’aeroporto di Manchester sorgerà un avveniristico quartiere di affari, il progetto è finanziato dalla Industrial and  Commercial Bank of China per 650 milioni di sterline, e a breve verrà inaugurato il primo volo diretto per la Cina proprio dallo scalo di Manchester. Investimenti  cinesi importanti ci sono stati anche per l’aeroporto di Heatrow e per Thames Water (9%); pare inoltre  che la centrale nucleare di ultima generazione che la francese Edf dovrebbe costruire in Inghilterra potrebbe essere finanziata dal Dragone Rosso. Come non ricordare il quartiere di Royal Docks, vicino al London City Airport, prossimo centro della finanza asiatica in territorio inglese, i cantieri avviati da Abp (edilizia cinese) per circa miliardo di sterline. Dai dispacci del Consiglio economico e commerciale cinese a Londra sembra che ci sia molto interesse anche intorno alle licenze per le esplorazioni  utili all’estrazione dello “shale gas” (AGC: 2014:Uk bets on fracking!) da qui alla prossima estate sul 40% del territorio verrà, infatti, avviata la fase iniziale.

Insomma,  proprio adesso che gli affari vanno a gonfie vele,  sarebbe un vero peccato non poter contare sull’appoggio di Downing Street anche in politica estera.

L’ambasciatore Xiaoming sarà senz’altro dello stesso avviso.