Contrapposizione Qatar – Arabia Saudita

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ITALIA – Roma 31/5/13. Dall’inizio delle rivolte del Medio Oriente nei primi mesi del 2011, Arabia Saudita e Qatar, hanno operato con strategie diverse e talvolta divergenti per cercare di modellare le transizioni politiche nell’area, in Egitto in particolare, e in Siria.

Per iniziare a comprendere il contesto regionale attuale è importante analizzare gli approcci di Qatar e Arabia Saudita. Dal 2011, la competizione per il potere e l’influenza in Medio Oriente è divenuta multipolare e multidimensionale. È multipolare perché nessun paese è un attore dominante nella regione, né la Turchia, né l’Iran, l’Arabia Saudita o il Qatar. La natura frammentata della politica regionale, e le problematiche dinamiche interne a ciascun paese, rendono quasi impossibile per ogni attore raggiungere una posizione egemonica.

È multidimensionale in quanto i paesi stanno usando diversi forme di potere e di influenza, non più solo militare: assistenza economica e prestiti, aggressive campagne mediatiche regionali e addirittura, come in Libia e in Siria, spedizioni di armi.

Dal 2011, il Qatar ha adottato un approccio assertivo che in gran parte ha abbracciato i cambiamenti politici nella regione e ha cercato di coinvolgere una vasta gamma di attori.  Ha appoggiato le richieste di cambiamento politico in Tunisia, Egitto, Yemen, Libia e Siria; ha assunto un ruolo attivo nell’appoggiare le rivolte contro l’establishment in Libia e Siria.

Questo approccio è in contrasto con quello dell’Arabia Saudita, più riservato e più lento. In Egitto, ad esempio, l’Arabia Saudita si è opposta ai cambiamenti politici, ha sostenuto l’ex presidente Hosni Mubarak e ha criticato i paesi che ha appoggiato la rivoluzione.

Le differenze tra gli approcci di Qatar e Arabia nei confronti dei movimenti islamisti hanno meno a che fare con l’ideologia che con le diverse capacità e strategie politiche, legate alle vulnerabilità interne dei due paesi. L’Arabia Saudita è molto più grande del Qatar e deve affrontare un diverso e ampio dissenso interno; il Qatar ha una popolazione più piccola con apparato di governo “globale”, è in grado di prendere decisioni più rapide e meno vulnerabili alle influenze esterne rispetto all’Arabia Saudita.

Ad esempio, i leader sauditi probabilmente percepiscono la Fratellanza come una possibile minaccia alla stabilità regionale e, alla sicurezza del proprio regime. Per questo i sauditi si opposero alla partenza di Mubarak dall’Egitto; sempre per questo motivo, si ritiene abbiano finanziato diversi partiti salafiti, ritenuti più prudenti della Fratellanza, perché avrebbero meno probabilità di sfidare la loro legittimità religiosa e politica rispetto alla Fratellanza.

Il Qatar, d’altra parte, è diventato un attore politico regionale negli ultimi dieci anni e non percepisce come una minaccia politica interna la Fratellanza, il cui ramo qatarino fu sciolto nel 1999. Il supporto di Doha per i Fratelli Musulmani in Egitto si è ripetuto attraverso pacchetti di aiuti multimiliardari e in Siria, dove sostiene la coalizione dell’opposizione dominata dalla Fratellanza, nella convinzione che sia il futuro movimento dominante. 

In generale, se il Qatar ha cercato di cooptare e influenzare i movimenti politici dei Fratelli Musulmani, l’Arabia Saudita ha cercato di appoggiare i gruppi concorrenti dellai Fratellanza. Le differenze negli approcci saudita e qatarino sono più chiaramente visibili in Siria, in cui Doha ha sostenuto gli sforzi della Fratellanza per dominare la coalizione di opposizione, mentre Riyadh vi si è opposta. Si ritiene anche che i due governi abbiano finanziato gruppi ribelli diversi.