Perché Terzapagina?

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«La Terza pagina è stata, storicamente, lo spazio che i quotidiani italiani hanno dedicato alla cultura. Ha costituito l’indice del prestigio di un quotidiano e ha rappresentato uno spazio proficuo e importante per la crescita culturale dell’Italia, oltre ad essere una peculiarità dei giornali della penisola».

Se vi andate a cercare cosa sia la Terza pagina (con la maiuscola) nella storia del giornalismo, trovate questa definizione estremamente sintetica e semplice ma molto chiara.

La cultura si espresse nella prima manifestazione di questa tipologia giornalistica in una recensione sulla Francesca da Rimini di Gabriele D’Annunzio pubblicata sulle colonne del Il Giornale d’Italia diretto da Alberto Bergamini il 10 dicembre del 1901.

Si evolse per tutto il Novecento, per poi piano piano scomparire agli inizi dei suoi anni Novanta.

Non scomparvero le tematiche culturali, i reportage e i “riempitivi”, come rubriche di diverso genere, che la caratterizzavano, semplicemente furono collocate in diverse parti dei quotidiani.

Abbiamo deciso di aprire la nostra Terzapagina (tutto attaccato e non è un errore) perché i valori culturali italiani espressi non solo attraverso il tradizionale intendimento della parola ma anche attraverso, la pittura e la scrittura contemporanea, l’arte in genere, il costume, la moda nelle sue diverse declinazioni o ancora l’arte orafa ne fanno pienamente parte, concorrendo a creare una larga fetta del nostro Pil.

E, non per coincidenza, si tratta di settori commerciali che vengono richiesti all’estero, dal Vicino all’Estremo Oriente ad esempio e fin qui nulla di nuovo. La richiesta però riguarda il prodotto “fatto in Italia” in genere, non solo quello delle grandi case, che ormai d’italiano hanno spesso solo il nome. Per questo, noi che d’internazionalizzazione delle Pmi italiane ci occupiamo, abbiamo voluto creare questo spazio in cui collocare segnalazioni di eventi, video, interviste a giovani artisti e creatori italiani per dare visibilità a quei settori che potranno essere d’interesse nei mercati esteri in cui eventualmente collocare queste opere nate dal troppo spesso vituperato genio italiano.