Nuova dinastia faraonica in Egitto?

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EGITTO – Il Cairo. Il presidente egiziano Mohamed Mursi sta affrontando la protesta dei giudici che lo accusano di ampliare i suoi poteri senza motivo, approfondendo una crisi latente che ha scatenato la violenza in strada ed esposto le profonde divisioni del Paese.

L’organo di rappresentanza dei giudici d’Egitto ha indetto uno sciopero nel corso di un incontro interrotto dai cori che chiedevano la “caduta del regime”, lo stesso grido di battaglia della rivolta che ha rovesciato Hosni Mubarak nel 2011.

Gli avversari politici e i sostenitori di Morsi, che incarnano il divario tra islamisti al potere e i loro critici, sono scesi in piazza per un decreto che ha accesso le preoccupazioni occidentali.

Il decreto del 21 novembre segna uno sforzo da parte di Morsi e della Fratellanza musulmana di consolidare la propria influenza, dopo aver definitivamente accantonato l’era Mubarak con le elezioni di agosto 2012. Il decreto prevede la quasi insindacabilità delle decisioni prese dal governo e da Morsi da parte del potere giurisdizionale fino a quando un nuovo parlamento non verrà eletto in una consultazione prevista per l’inizio del prossimo anno.

Inoltre da de facto incarico alla Fratellanza di riscrivere la costituzione egiziana non tenendo conto di una serie di sfide legali che ne hanno minacciato la leadership e offre la stessa garanzia alla maggioranza islamista nella camera alta del parlamento.

La più alta autorità giudiziaria in Egitto, paragonabile all’italiano Consiglio superiore della magistratura, ha detto che il decreto era un «attacco senza precedenti» all’indipendenza del potere giudiziario. Uno dei leader dell’opposizione, Mohamed ElBaradei ha detto che : «Non c’è spazio per il dialogo, quando un dittatore impone misure aberranti». Più di 300 persone sono rimaste ferite il 23 novembre nelle proteste contro il decreto. Ci sono stati attacchi contro almeno tre uffici appartenenti ai Fratelli musulmani.

Le proteste si sono polarizzate tra fautori e contrari al provvedimento: la Fratellanza da una parte e i liberali laici e socialisti dall’altra.

Tra le prime misure prese, Morsi ha licenziato il procuratore generale, nominato durante l’era Mubarak, e deve nominarne uno nuovo. Il procuratore generale licenziato, Abdel Maguid Mahmoud, è stato definito un eroe dalla magistratura.

L’amministrazione Morsi ha difeso il decreto definendolo una misura necessaria ad accelerare le riforme democratiche, per gli esperti però incarna il sospetto della Fratellanza verso un sistema giudiziario non riformato dai tempi di Mubarak.

Il 23 novembre è stata una giornata campale al Cairo, ad Alessandria, a Porto Said e a Suez.

Al-Masry Al-Youm, uno dei quotidiani più letti d’Egitto, ha definito la protesta del 23 novembre come l”Intifada del 23 novembre”, chiamandola proprio con il termine usato per indicare il concetto di rivolta.

Dietro al decreto Morsi sono anche i gruppi salafiti che saluterebbero con piacere l’introduzione della Shar’ia nel Paese.

Il Partito Nour, uno di questi gruppi, ha dichiarato il proprio sostegno al decreto Mursi. Al-Gama’a al-Islamiya, che ha usato le armi contro lo Stato egiziano nel 1990, ha detto di voler salvare così la rivoluzione dai residui del regime di Mubarak.

Il decreto Morsi è stato criticato dagli occidentali che all’inizio di questa settimana lo lodavano per il ruolo svolto nella mediazione tra Israele e i palestinesi.

La parola al momento resta alla piazza. 

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