Il paradosso delle forze terrestri NATO

314

ITALIA – Roma 04/06/2014. È stato pubblicato un interessante saggio breve sulla efficacia delle forze terrestri dell’Alleanza Atlantica, dopo la lunga missione afgana e alla luce delle possibili conseguenze di una eventuale escalation della crisi ucraina.

Nel saggio Nato’s Land Forces: Losing Ground, opera di Guillame Lasconjarias, ricercatore presso il Nato Defence College di Roma e ufficiale riservista dell’esercito francese, viene analizzata «l’ efficacia delle forze di terra alleate» si legge nella introduzione. «Da un lato, non c’è dubbio che quale tipo di forze hanno subito una notevole trasformazione dalla fine della Guerra Fredda. Infatti, per la maggior parte della seconda metà del periodo “bellico freddo”, la Nato ha schierato più di due dozzine di divisioni in Europa, divisioni che erano meccanizzate e corazzate, che sarebbero dovute passare attraverso la frontiera interna tedesca poi, e organizzate intorno a corpi nazionali autonomi. Le forze alleate terrestri odierne sono più “piccole”, più leggere, strutturate principalmente per gestire una vasta gamma di operazioni out-of -area, e in grado di operare in coalizioni multinazionali. Inoltre, hanno avuto esperienza operativa nei Balcani, in Africa, Iraq e Afghanistan. Ma guardando in prospettiva, la domanda è se queste forze non siano diventate troppo piccole e, a causa dei vincoli di bilancio, prive delle attrezzature per potersi schierare rapidamente e sostenersi operativamente. In combinazione con i tagli previsti alle forze terrestri statunitensi, è pensabile che la Nato stia per perdere la sua tradizionale, capacità strategica: la possibilità di controllare sia il territorio che la popolazione?»
Nella prospettiva pensata nel saggio, vengono indicati tre punti chiave: «a) tra tutte le forze armate, lquelle terrestri alleate hanno sopportato il peso dei tagli ai bilanci della difesa; b) negli ultimi anni le forze terrestri della Nato sono state professionalizzate e trasformate, ma la loro capacità di svolgere le varie missioni cui potrebbero essere chiamate è a rischio a causa della carenza di uomini e mezzi; c) mantenere l’esperienza e le capacità operative di combattimento acquisite dai dislocamenti in Iraq e in Afghanistan sarà difficile, anche se la Nato Response Force potrebbe , se opportunamente strutturata, contribuire ad alleggerire il problema (…) Stanchi o meno della guerra, i membri della Nato stanno ignorando le realtà attiche e strategiche, per non parlare della storia, credendo che continuare a ridurre le proprie forze terrestri sia cosa saggia o sostenibile», conclude Lasconjarias.