MYANMAR. Crollo verticale dell’immobiliare e dell’economia

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Negli anni del boom economico del Myanmar, 2013-2014, periodo in cui le riforme economiche e politiche dell’allora presidente del Myanmar Thein Sein hanno portato alla revoca della maggior parte delle sanzioni economiche occidentali. si era scatenato un ottimismo selvaggio sul potenziale del paese. Il centro direzionale di Yangon, la Sakura Tower, chiedeva e otteneva affitti a livello di quelli di Manhattan, circa 110 dollari al metro quadrato; oggi gli affitti della Sakura sono scesi a circa 35 dollari al metro quadrato.

Come riporta Asia Times, il drastico calo degli affitti medi degli uffici di Yangon, pari a circa il 25%-30% negli ultimi due anni, può essere attribuito a una serie di fattori, non tutti attribuibili alla repressione dei militari contro i musulmani rohingya dell’agosto-settembre dello scorso anno, che ha fatto riconquistare al Myanmar parte del suo status di paria internazionale.

Nel 2013/14, c’erano circa 80.000 metri quadrati di uffici disponibili a Yangon. Ora, con il lancio di diversi nuovi edifici per uffici tra cui Junction City e Sule Square, nel centro città, ci sono 400.000 metri quadrati disponibili. I prezzi dei terreni, soprattutto a Yangon, hanno raggiunto vette vertiginose alcuni anni fa, quando i magnati del paese hanno investito in simili proprietà.

Ora i prezzi degli immobili sono scesi del 35%.

Gran parte del boom dei prezzi immobiliari nel periodo 2011-2014 si era basato sulle previsioni di un massiccio afflusso di investimenti diretti esteri e di investimenti stranieri, in grado di pagare ingenti affitti di uffici e appartamenti. Negli ultimi due anni, tuttavia, gli Ide sono rallentati, passando da 9,5 miliardi di dollari nell’anno fiscale 2015/16, a 5,7 miliardi di dollari nel 2017/18. Si tratta di un crollo di circa il 40%, secondo i dati della Direzione per gli investimenti e l’amministrazione aziendale.

Circa 4,6 miliardi di dollari in Ide dello scorso anno fiscale provenivano da Cina, Hong Kong, Giappone, Singapore, Corea del Sud e Thailandia, tradizionalmente i principali investitori in Myanmar; ora da Usa e Ue sono molto rari. Anche la crescita economica è rallentata sotto la guida di Aung San Suu Kyi e l’amministrazione della Lega nazionale per la democrazia, con una crescita del PIL che, secondo le stime della Banca mondiale, è scesa dal 7% nel periodo fiscale 2016/17 al 5,9% lo scorso anno.

Il governo ha optato per una politica di prudenza fiscale e ha frenato l’economia monetaria come mezzo di finanziamento del bilancio, una pratica inflazionistica seguita dal precedente regime militare. La prudenza ha portato negli ultimi mesi ad una moneta abbastanza stabile e ha ridotto l’inflazione ad un livello gestibile del 4-5%, ma ha anche rallentato la crescita e la creazione di posti di lavoro.

Graziella Giangiulio