Myanmar sull’orlo del caos

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MYANMAR . Naypyidaw 23/07/2013. A causa delle politiche economiche fallimentari della precedente giunta militare, il Myanmar, che era uno dei paesi più promettenti del sud est asiatico durante l’era coloniale britannica, è diventato uno dei meno sviluppati delle Nazioni Unite a partire dal 1987. Durante gli ultimi decenni l’economia illegale è stata da tre a cinque volte più grande di quella legale, secondo stime non ufficiali; in particolare si è sviluppato il commercio illegale di risorse naturali del paese (gemme, legno, petrolio, gas…). 

Il Myanmar si trova ora ad affrontare il passaggio dal dominio militare alla democrazia, senza istituzioni e personale qualificati. L’assenza di un apparato burocratico adeguato porta i funzionari a incontrarsi 10/20 volte al giorno e ad approvare riforme imperfette e di lenta attuazione. In più, sistemi giudiziari e fiscali scadenti ostacolano la capacità dello stato di rispondere e adeguatamente perseguire le attività illegali. Sebbene il Myanmar abbia recentemente istituito politiche democratiche, i traffici illegali non sono in diminuzione: nel 2012 le Nazioni Unite hanno classificato il Myanmar come il secondo produttore mondiale di oppio. Attualmente ci sono circa 256mila famiglie coinvolte nella coltivazione di oppio, che è distribuito da più di 50 organizzazioni del narcotraffico. L’oppio dal Myanmar entra nei mercati dei paesi vicini come la Thailandia, il Laos e la Cina, spesso per essere spedito nuovamente all’estero. Nel 2011 la polizia della provincia meridionale cinese dello Yunnan ha sequestrato 13,5 tonnellate di droghe illegali e arrestato 17.000 trafficanti di droga. Un altro traffico illegale è quello del legno: il Myanmar è il più grande esportatore di legname in Indocina. Il  disboscamento illegale ha ridotto la quantità di terra coperta da legname dal 57 per cento del 1990 al 47 per cento nel 2005, secondo stime non ufficiali.  La cifra attuale è probabilmente notevolmente inferiore a causa della recente deforestazione delle zone di confine. Il gruppo Global Witness ha avvertito, in un rapporto del 2009, che il disboscamento illegale stava causando la rapida distruzione delle foreste del nord-est del Myanmar, il cui legname viene contrabbandato per la maggior parte nella provincia di Kunming in Cina.  Secondo il rapporto, un camion con 15 tonnellate di tronchi illegali attraversa il confine tra la Cina e il Myanmar ogni sette minuti. I traffici illegali coinvolgono anche uomini, donne e bambini, che sono vittime di sfruttamento sul lavoro e sfruttamento sessuale in Thailandia, Cina, Malaysia, Bangladesh, Corea del sud, Macao e Pakistan. Non esistono stime affidabili del numero di persone trafficate ogni anno, anche se nel 2008 sono stati studiati un totale di 134 casi di traffico, che coinvolgevano 203 vittime (153 femmine e 50 maschi) e 342 trafficanti.