MALI – Bamako 1703/2015. Il gruppo di diplomatici che deve far riprendere il dialogo sul Mali è arrivato a Kidal, nord del Mali, il 17 marzo, il giorno dopo che i ribelli hanno respinto un accordo mediato dall’Onu.
Ribelli e leader della comunità del nord avevano rigettato l’accordo già firmato dal governo di Bamako, perché troppo lontano dalle loro richieste di autonomia. Il fallimento dei colloqui di pace potrebbe lasciare aperta la questione dello status politico del nord del Mali a tempo indeterminato, un fattore che può essere sfruttato da militanti islamici attivi nella regione. Centinaia di persone hanno marciato nella roccaforte tuareg il 17 marzo innalzando striscioni su cui era scritto “Noi non firmeremo” e sventolando le bandiere di una regione che chiamano Azawad. «È una decisione tutta loro» ha detto Pierre Buyoya, alto rappresentante dell’Unione africana per il Mali e il Sahel, dai microfoni di Radio France Internationale a Kidal. «La nostra missione è incoraggiarli a prendere la decisione giusta: cioè firmare». Al meeting in corso stanno partecipando le Nazioni Unite e altri mediatori secondo un portavoce della missione Onu in Mali, Minusma. L’accordo proposto ha lo scopo di porre fine decenni di ribellione da parte dei ribelli tuareg. Nel 2012, i gruppi del nord si allearono con i militanti islamici, l’intervento militare ha distrutto le forze degli islamisti, ma lo status politico del nord è rimasto irrisolto. Il Mnla, gruppo di laici ribelli tuareg parte del più ampio coordinamento dei movimenti Azawad (Cma), ha detto di aver respinto la proposta perché «non prendeva in considerazione le legittime aspirazioni del popolo Azawad (…) Sarà difficile firmare per tutti i motivi che abbiamo già spiegato» ha detto il portavoce Mnla Moussa Ag Acharatoumane. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite aveva detto a febbraio che misure mirate potrebbero essere prese nei confronti di coloro «che riprendessero le ostilità e violassero il cessate il fuoco».