LIBRI. Trattato di Funanbolismo

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Philippe Petit, un funambolo di fama mondialeci regala, a mio avviso, per un’intima urgenza emotiva, un trattato pervaso al contempo di poesia e rigore.

Il genio dell’artista si mescola alla pratica consapevole del movimento propriocettivo, all’ascolto del corpo in relazione all’ambiente circostante e ad una cura maniacale dei particolari; si intuisce chiaramente che la fatalitàdel caso esiste solo dove il controllo umano non può oggettivamente arrivare.
«Studiate il vostro corpo: il movimento delle braccia, il respiro delle dita della mano, la tensione delle punte dei piedi, la posizione del mento, i pesi dei gomiti. Non lasciate niente al caso, è un ladro inafferrabile».
Tecnicamente e in maniera descrittiva il funambolo ci mette al corrente dei materiali, di come vanno trattati e del livello di conoscenza che bisogna acquisire per far sì che l’errore tecnico di valutazione non sia una reale possibilità del divenire.
Gli esercizi, la pratica e la lenta e progressiva acquisizione della consapevolezza dei propri mezzi sono alla base della riuscita; il sogno e la sfida con il limite sono quella spinta necessaria che rendono l’impresa qualcosa di concreto. Citando Philippe Petit: «I limiti esistono soltanto nell’anima di chi è a corto di sogni».
Rimango affascinato da alcune sue licenze poetiche dove il mare diventa “vento liquido”.
L’ultimo capitolo, “LA PAURA”, sembra un flusso di coscienza, un testamento di un uomo perennemente in “direzione ostinata e contraria” che ama la sua vita e il suo originale e distintivo “habitus”.
Un uomo che ha attraversato su un filo la distanza tra le guglie di Notre-Dame e le torri gemelle del World Trade Center. Sembra quasi essere quel filo ideale che tende ad unire mondi separati e soli, così come spesso possono essere il corpo e l’anima.
Il lettore si nutre di quella meraviglia legata alla scoperta di un testo unico e approda in un mondo sconosciuto pervaso da una cristallina idea filosofica legata al raggiungimento di un obiettivo.
Sinceramente la scelta dell’editore di inserire un estratto di Paul Auster dal libro L’arte della fame, edito da Einaudi, come prefazione non la trovo una scelta azzeccata per svariate ragioni. conosciamo Philippe Petit attraverso l’etica funambolica perché l’artista, in assoluto in questo caso, può essere solo e soltanto il funambolo e non una persona che fa il funambolo. La premessa, anche se magistralmente scritta, non nasce con l’intento di essere una prefazionee anticipa, in maniera troppo spudorata, l’incontro con Philippe Petit. Ho riletto la prefazione alla fine del libro e un sorriso beffardo ha disegnato il mio volto, perché Paul Auster, indicando quell’uomo lontano e solo sulla corda, ha presentato il genio e l’artista che in questo caso ho imparato a conoscere.
Un trattato poetico di un funambolo che non trova, giustamente e consapevolmente, una sua collocazione specifica all’interno di un quadro letterario. Un libro che tende la sua “anima” verso una moltitudine di generi letterari e che non cerca consensi; al contrario l’autore vuole liberamente farci capire che essere un funambolo non richiede vie di mezzo e che l’essenziale è nella semplicità. Il funambolo con il suo codice etico esige una severa coerenza e una dedizione all’esercizio che non conosce giustificazioni, dove le porte della percezione e della consapevolezza fisica e interiore si aprono per affrontare con l’arte della vita quell’idea della morte che l’artista accetta come possibilità del vivere.
Un libro di nicchia che sceglie il suo lettore solo quando è il momento; una sorta di rito di passaggio.

Simone Lentini

Trattato di funambolismo
Philippe Petit
Traduttore: D. Bramati
Editore: Ponte alle Grazie
Collana: Saggi
Anno edizione: 2015
Pagine: 127 p. , Brossura
• EAN: 9788868333423