LIBRI. La nuova Salute Pubblica del Grande Fratello

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Siamo pieni e vagamente consapevoli che tutto quello che facciamo, acquistiamo, diciamo, compresa questa recensione, una volta messo on line divenga parte della profilazione che la Rete/Google ha di noi. Siamo però oggi insensibili di quello che significa esattamente, e dimentichiamo che non si tratta di una qualche distopica descrizione di un futuro lontano, ma del nostro presente quotidiano.

Il libro The Age of Surveillance Capitalism (2019), pubblicato in Italia con il titolo Il capitalismo della sorveglianza, scritto da Shoshana Zuboff, descrive come siamo arrivati fino a qui e perché; chi ne trae vantaggio e come, i nessi e le relazioni dell’universo capitalistico collegato alla Rete, e al gigante che è Google, ai margini residuali lasciati alla riservatezza di ciascuno di noi, e che in tempi di pandemia sembra restringersi sempre di più, di fronte alla sempre più ampia libertà di manovra non regolata da legge delle piovre della Rete.

Pur insistendo sul fatto che la loro tecnologia è troppo complessa per essere legiferata, queste aziende infatti spendono miliardi per fare pressione contro una supervisione legale.

Originariamente intento a organizzare tutta la conoscenza umana, Google ha finito per controllare tutti gli accessi alla conoscenza stessa.

Muovendosi semplicemente per connetterci, Facebook si è trovato in possesso dei nostri segreti più profondi. E nel cercare di sopravvivere commercialmente al di là dei loro obiettivi iniziali, queste aziende si sono rese conto di essere sedute su un nuovo tipo di risorsa: il nostro “surplus comportamentale”, la totalità delle informazioni su ogni nostro pensiero, parola e azione, che possono essere scambiate per profitto in nuovi mercati in base alla previsione di ogni nostro bisogno, o alla produzione.

In una mossa audace da reggere il confronto con le conquiste coloniali, i giganti della tecnologia hanno dichiarato unilateralmente che queste risorse prima non sfruttate erano di loro proprietà e hanno respinto ogni obiezione, costruendo imperi su dati finanziati con fondi pubblici e sui dettagli della nostra vita privata. Infine, questa nuova forma di sfruttamento oltre a spogliare le nostre vite intime, cerca di plasmarle, dirigerle e di controllarle. Come in parte lo scandalo di Cabridge Analytica ha rivelato.

L’estrazione dei dati è così grottesca, che è quasi impossibile vederla: i risultati di ricerca più rapidi e le indicazioni customizzate mascherano le predazioni più profonde e distruttive di quello che Shoshana Zuboff definisce il “capitalismo della sorveglianza”, una forza tanto profondamente antidemocratica quanto sfruttatrice, eppure poco compresa.

L’ignoranza del suo funzionamento è una delle strategie centrali di questo nuovo “regime”, eppure la marea sta cambiando: sempre più persone esprimono il loro disagio per l’economia della sorveglianza e, disturbate dalla sfera sociale alienata e disperata da essa generata, cercano alternative.

A tutto ciò si unisce l’interessante e drammatico intreccio tra le aziende tecnologiche e gli apparati di sicurezza, statunitensi in primis, ma anche cinesi e russi, che hanno tutto l’interesse a intensificare la raccolta e lo sfruttamento dei dati così ottenuti, per fini di “sicurezza”; o di salute pubblica, volendo usare una espressione giacobina, oggi tornata di moda.

Coniugando una profonda comprensione tecnica e un’ampia portata umanistica, Zuboff ha scritto quello che potrebbe rivelarsi il primo resoconto definitivo della condizione economica, sociale e politica, della nostra epoca.

Antonio Albanese